”TRILOGIA SPORCA DELL’AVANA” di P. J. Gutiérrez

Copertina per l’edizione italiana de ”Nada que hacer y otros relatos”

”Trilogia sporca dell’Avana” è il romanzo più famoso di Pedro Juan Gutiérrez, ambientato nella capitale cubana nei mesi compresi tra il marzo e il novembre del 1995. L’entusiasmo della rivoluzione che, poco più di trenta’anni prima, aveva portato al potere Fidel Castro e dato vita ad un regime di stampo comunista, sembra essersi ormai consumato e l’effetto dell’autoritarismo esercitato ha catapultato l’isola verso una miseria alla quale si può sopravvivere solamente grazie al contrabbando, al sesso e al rum. Sono questi i tre elementi ”sporchi” attorno ai quali ruota la storia di Pedro Juan e di tutta la gente che popola il Malecòn, il quartiere dove egli risiede. In una città in declino, ripiegata su se stessa, sono le notti goliardiche e sfrenate, tra il puzzo generato dal calore e dall’assenza di acqua, dalla sporcizia e dal degrato dei lussuosi quartieri di un tempo, a rendere ancora vive le numerose presenze che popolano la storia. Donne che si abbandonano alla lascivia e alla promiscuità vendendosi al miglior amante che possa regalare loro una vita migliore. Uomini ubriachi che si ammazzano nei locali. Negri che numerosi riescono a vivere in minuscoli appartamenti. La polizia sempre in agguato, che trascina in galera chiunque sia anche solamente sospettato. Uomini ammassati nei vagoni diretti verso la campagna per acquistare prodotti da contrabbandare, eludendo il razionamento a cui sono costretti a sottostare in città. L’immagine cupa di una città che maschera agli stranieri il suo vero volto, assume, nel romanzo, l’aspetto tragicamente realistico di un mondo di miserabili, di anime allo sbando, disperse nella disperata lotta alla sopravvivenza. ”Si salvi chi può” è il monito gridato dal protagonista, che abbandona ogni miraggio di un futuro certo e si lascia trascinare dagli eventi che quotidianamente ne segnano l’esistenza, senza domandarsi il perché, ma vivendoli, stordendosi col rum e lasciandosi travolgere in orgiastiche performance con donne di ogni età. Non cerca l’amore, ma solo il godimento. Ama dominarle per la durata di un coito e poi ognuno per la sua strada. È solo Pedro Juan e vive accettando questa sua condizione, anzi ricercandola nella consapevolezza dell’età che avanza.

”Si vive a capitoli. Bisogna accettarlo. Molta della gente che ho conosciuto mi ha iniettato nel cuore solo odio e rancore. Il finale è prevedibile: si sprofonda nel caos, si precipita in modo inarrestabile e non ci si ferma più fino all’inferno. E quando mi ritroverò a friggere nell’olio bollente, circondato da vapori di zolfo, sarà ormai troppo tardi”
e prosegue
”Per fortuna la vita è irreversibile. L’importante è che non ho continuato a rotolare verso il basso dell’inferno. La vita ti sottopone a prove del genere. Se non sai o non puoi superarle, ti blocchi. E a volte non hai nemmeno il tempo di dire ciao”.
La straordinarietà di questa perla della letteratura latino-americana, risiede nell’abilità dell’autore di trascinare il lettore nella vicenda. Sembra di poter percepire suoni, odori, il chiasso notturno delle strade, vederle. Vivere con Pedro Juan quegli amori fugaci e descritti con dovizia di particolari che superano talora il limite ragionevole di sopportazione (”Mi piace masturbarmi annusandomi le ascelle. L’odore di sudore mi eccita. Sesso sicuro e odoroso. Soprattutto quando mi scaldo, di notte, e Luisa è fuori a far la grana”, per far comprendere il tenore di alcune colorite vicende). Un realismo tanto crudo da discostarsi dai toni fantasiosi e immaginari tipici di molti romanzi sudamericani. La Cuba di Gutiérrez è un coacervo di culture, di vite e di miserie. Quell’uguaglianza tanto sostenuta dall’ideologia si frantuma nei quartieri multirazziali, ove convivono mulatti che odiano i negri, negri che odiano i bianchi, bianchi che amano e odiano entrambi. La diffidenza e l’egocentrismo dettato dalla povertà sono il motivo di un’esistenza condotta per salvarsi e non c’è tempo di preoccuparsi per il prossimo. Alla fede non ci si affida più. Nonostante la superstizione là regni da padrona, anche Dio è costretto a ricorrere al contrabbando per continuare a sopravvivere tra le strade sporche dell’Avana.
”Sono troppo leggero per pregare. Non ho desideri, non posso pregare nè render grazie. Io non chiedo mai niente a Dio. Di solito rendo grazie”. La storia di Pedro Juan s’intreccia nelle storie comuni delle persone con cui viene a contatto. Ci sono i deboli e ci sono forti e lui sta dalla parte dei secondi. Dei primi pensa che ”non fanno che piangere e lamentarsi. Credono che tutto debba finire oggi stesso. Invece è proprio il contrario. È oggi che tutto comincia”.
Un’immagine di una strada della capitale cubana
Gutiérrez fotografato con l’Avana sullo sfondo

-A. Celletti

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