La CAPPELLA PALATINA: storia, arte e cultura

 

 

 

Veduta interna della CAPPELLA PALATINA. Sezione longitudinale rivolta verso l’interno

”Tannu si pinsava ca la diversità è ricchezza,

tempi di biddizza e di puisia, d’amuri e di saggezza” (C. Consoli, ‘A Finestra).

Era doveroso citare Carmen Consoli, specie queste strofe, perché sintetizzano appieno il clima culturale e politico gravitante attorno all’edificazione della Cappella Palatina, lo ”scrigno” della Palermo normanna, uno dei gioielli architettonici lasciatici da Ruggero II (1130-1154) e che arricchisce il patrimonio artistico di una delle più belle città italiane.

La particolarità di questo capolavoro non risiede solamente nella bellezza architettonica e decorativa, ma nel suo essere testimonianza di un’epoca, vuoi da un punto di vista prettamente storico, vuoi perché in essa è possibile rinvenire elementi concreti atti a definire un quadro socio-economico affascinante. Per questo motivo ho scelto di sezionare le due principali componenti, quella araba e quella bizantina e tentare attraverso la spiegazione di alcuni fattori di giungere alla descrizione degli apparati costituenti il complesso.

-LA COMPONENTE BIZANTINA

La Sicilia rimase a lungo sotto il controllo di Bisanzio, sino a quando l’avanzata araba non ne disgregò lentamente il controllo a partire dal 827 (nel 831 cadde Palermo) per concludersi nel 965, quando gli arabi presero definitivamente il controllo dell’Isola. È ovvio che il susseguirsi di domini su un dato territorio non implica la cancellazione di chi ha preceduto i nuovi arrivati, né comporta la scomparsa di quella cultura, la quale sopravvive, invece, a livello di substrato.

A rendere ragione di questo dato basterà considerare che lo stesso Ruggero si circondò di una cancelleria di lingua greca e il cerimoniale di corte fu strutturato sulla base di quello bizantino. Questo potrebbe dipendere dall’efficiente organizzazione dell’apparato amministrativo bizantino, ma anche (è tuttavia una mera supposizione personale) la componente religiosa deve aver giocato un ruolo fondamentale se si tiene conto che fu il papa Anacleto II a dare a Ruggero l’investitura del Regno di Sicilia (che comprendeva anche i territori peninsulari sino all’Abruzzo) nominando Palermo sede arcivescovile.

Fatto sta che Ruggero chiamò anche maestranze bizantine presenti sul territorio per elaborare il programma iconografico della cappella che stava costruendo e che fu concepito in origine come sala d’udienza, ma strutturandola in maniera tale che essa costituisse anche luogo sacro.

Il primo ciclo musivo risale alla data di fondazione ed è collocato in maniera strategica sul transetto destro dell’abside centrale. Esso sviluppa su tr3 registri scene tratte dal Nuovo Testamento legate alle principali celebrazioni liturgiche.

Lo stile è quello che le caratterizza: ”scene complesse, con un gran numero di personaggi, la cui disposizione nello spazio si avvale di un sapiente uso degli elementi architettonici e di elementi figurativi che rimandano alla natura […]. La disposizione delle immagini del santuario (in una disposizione non canonica. Ndr) viene piegata alle esigenze di visione del sovrano, che diventa così il centro ideale intorno a cui ruota l’intera decorazione” (Bora, Fiaccadori, Negri). L’importanza che i mosaici della Palatina rivestono è sorprendente: il modello iconografico fu ripreso in molte miniature e i mosaici stessi offrirono una lezione importante sulla composizione monumentale, specie per quanto riguarda la decorazione della cupola.

Il secondo ciclo musivo risale al 1153 e riguardò la decorazione della navata centrale con storie veterotestamentarie e quelle laterali1 con storie neotestamentarie. In questo caso si avvisano alcuni mutamenti stilistici: ad esempio le figure sono più robuste e caratterizzate da accenti naturalistici. Esse emergono da un fondale in cui il paesaggio è ridotto ad estrema sintesi con prevalenza dell’oro, accompagnate da didascalie.

Sembrerebbe che tra i due cicli le differenze siano notevoli. In realtà non è così. Otto Domus offre una suggestiva analisi circa lo sviluppo e la diffusione di questi mosaici, sottolineando come tra la prima fase e la seconda non ci sarebbero sostanziali mutamenti, o meglio questi non sono tali da poter parlare di un’evoluzione. I modelli sono ”importati” direttamente da Costantinopoli, ove le maestranze elaborano soluzioni nuove che vengono poi trapiantate in Sicilia.

A differenza, infatti, di quanto accadde a Venezia, dove i modelli bizantini subirono presto l’influenza e la contaminazioni locali, in Sicilia essi rimasero ”puri”, pur rimanendo nel tempo una stretta relazione tra botteghe.

È interessante notare come i modelli palermitani furono presto diffusi e ricopiati in altre circostanze, non solo locali. Basterà apportare l’esempio della cupola della Cappella di Tutti i Santi a Ratisbona (1160 ca) per prendere atto di una realtà che ribalta l’idea comune di Medioevo. Di questo tuttavia mi riserbo di parlarne nelle conclusioni.

-LA COMPONENTE ARABA

Il discorso circa la cultura e la civiltà araba e il loro apporto in Occidente è non privo di sorprese. Abituati dalla storia a pensare per schemi e per fronti contrapposti, ciascuno è portato a concludere che, a causa delle diversità religiose, culminate poi nelle Crociate, tra Oriente islamico ed Occidente cristiano scorresse solo odio e che gli unici contatti fossero di natura bellica. Stupirà sapere che i rapporti erano anche di ben altra natura e assai più proficua e la Cappella Palatina rende giustizia e lucida spiegazione a tutto questo.

L’occupazione araba della Sicilia inizia sotto la potente dinastia abbasìde, la stessa che riuscì ad espandere il dominio islamico dall’Estremo Oriente sino alla fascia meridionale del Mediterraneo. Fu una dinastia potente, capace di controllare territori così vasti grazie ad un decentramento dei poteri e delle amministrazioni che rispondevano tuttavia al califfo, il quale aveva fissato la propria sede a Baghdad, la città iraniana che proprio sotto gli Abbasìdi conobbe una fioritura eccezionale, divenendo una città fiabesca e ricca, l’immagine dell’universo arabo da sogno che tutti immaginiamo. Culturalmente furono anni fiorenti, grazie anche agli apporti delle popolazioni sottomesse o con le quali erano intrattenuti rapporti commerciali, in un clima di reciproco scambio e grandi innovazioni.

Tutte dinamiche che gli arabi trapiantarono anche in Sicilia, dove le numerose capacità agricole, tessili e artigianali recarono vantaggi alla popolazione dell’isola. Le scienze, la matematica, la filosofia e le lettere (si pensi che proprio sotto gli Abbasidi venne composto il grande capolavoro de ”Le Mille e una Notte”): gli arabi offrirono un sapere immenso, sfruttato anche in Occidente, contribuendo all’arricchimento culturale di quest’ultimo.

Diversi tiraz (comunemente detti ”botteghe”) erano frequentati da artigiani impegnati nella lavorazione di tessuti, ori, ceramiche, offrendo prodotti di alta qualità e una manodopera raffinata, originale. Non era insolito che in questi tiraz lavorassero anche artigiani bizantini o locali, riuscendo in tal modo a fondere le proprie conoscenze adattandole le une alle altre.

Una risultante di tale fusione è il pavimento della Palatina, capolavoro che unisce all’opus sectile classico i motivi geometrizzanti e le cornici ad intreccio di derivazione araba. Oppure gli slanciati archi carenati a bordature bicromatiche della tradizione araba poggianti su colonne in porfido ed altri materiali di recupero provenienti da siti romani.

Ateliers cosmopoliti, come fa notare Jurgis Bultrusaitis, che impiegavano maestranze occidentali, ma rimanendo pur sempre fedeli ai loro modelli bizantino-islamici.

Di manifattura araba è il raffinato soffitto ligneo a muqarnas. Quest’ultima è una tecnica decorativa caratterizzata dalla disposizione varia di ”alveoli”, capace di sortire suggestivi effetti tridimensionali.

Nei medaglioni (la cui origine appartiene al Mediterraneo antico, ma fu ripreso anche dal mondo musulmano), viene sviluppato un tema laico, quello dell’esaltazione del sovrano, raffigurato assiso sul trono a gambe incrociate e composto, attorno al quale origina una serie di intrecci animali e vegetali, di mostri e arabeschi, accompagnata da scritte in carattere cufico recanti buoni auspici al sovrano, rinvenute anche in altri palazzi musulmani. Secondo Valentina Colonna apparirebbe probabile che ci si sia avvalsi non solo dell’espressione artistica islamica, ma anche dell’espressione ideologica del potere del califfo. Si tratta di una supposizione, ma che rientrerebbe appieno nel disegno ideologico di Ruggero, quello, cioè, di farsi garante di tutte la popolazione.

Dall’analisi dei medaglioni emergono elementi affascinanti.

Ci si potrebbe chiedere da dove derivi la scelta di inserire esseri mostruosi nelle rappresentazioni; come era possibile una simile scelta nel morigerato Medioevo?

C’è poi così tanto da stupirsi? Dante non ha composto l’Inferno descrivendo luoghi e creature fantastiche e mostruose? Il punto è che nel Medioevo queste rappresentazioni fantasiose non erano insolite. Esse prendono forma dalle figure classiche e si fondono con quelle orientali trovando proprio nel mondo arabo un punto di incontro e diffusione. Il Medioevo è affascinato dal fantastico e ”tutto si muove e si muta” in virtù di un processo di integrazione e trasposizione di forme, immagini, temi. Il sovrano in trono, le lepri, il volto della luna sono immagini che oltrepassano il gusto decorativo e si caricano di significato, divenendo allegorie del potere, della Trinità, della sensualità femminile e molto altro ancora. Le forme si mescolano, si integrano e si modellano in altre.

Vi è un’idea di ordine, di linearità che nasce dalla probabile derivazione di queste soluzioni dalle produzioni tessili, sulle quali Baltrusaitis offre una minuziosa e interessante descrizione sui motivi e soprattutto sulle rotte commerciali attraverso le quali essi giungono in Occidente, mettendo in evidenza un gusto medievale per l’esotismo, per tutto quello che era orientale. Cataloghi, registri, resti materiali abbondano e gli oggetti che li riguardano provengono dalle più disparate zone orientali. Le stoffe provenienti da Damasco divengono damaschini, quelle da Moussul mussoline, quelle da Baghdad baldacchini.

Il contributo arabo è stato eccezionale nella definizione del pensiero e del gusto occidentali. Dalla Sicilia (per quanto ci riguarda) essi ”viaggiano” verso i Paesi del Nord, vengono ripresi e ben presto le botteghe siciliane si spostano in tutta Europa. Palermo risplende degli ori bizantini e delle armoniose geometrie e decorazioni arabe.

”L’umanità ellenistica e la razza gialla assumono le sembianze di uomini e demoni familiari. Le leggende e le visioni sono trasposte nel pensiero e nell’immaginazione medioevali. Perfino figure e motivi riprodotti con esattezza appaiono spesso come una stravaganza del loro genio” (Baltrusaitis).

Ibn-Gubayr, dopo aver visitato la Sicilia nel 1186, scrisse:

<<è soggiorno principale dei cittadini musulmani, che vi hanno moschee, mercati e molti sobborghi […] Il re (Guglielmo II) possiede palazzi magnifici e giardini deliziosi […]. Rassomiglia ai re musulmani per l’uso di immergersi nelle delizie, per gli ordini legislativi, per le consuetudini, per la magnificenza della corte e il lusso degli ornamenti>>.

Non vi è in tutto questo bellezza, poesia e ricchezza?

-CONCLUSIONE

Cosa si è voluto dimostrare? Senza tirarla per le lunghe, la Cappella Palatina nel suo eclettismo si fa testimone di un’idea di Medioevo diversa, poco conosciuta.

Abbandonate la visione di castelli arroccati e gente devota. Abbandonate l’idea di un’epoca buia e barbara.

Il Medioevo è vita! La gente viaggia, commercia. Si sperimenta con soluzioni inaudite. Si inventano linguaggi che volgendo al passato li contaminano con elementi nuovi giungendo a soluzioni originali che l’oltrepasseranno. Il Medioevo è fantasia, sperimentazione; è visionario nel suo spirito avventuroso e battagliero. È sottomesso a Dio nella misura in cui lo invoca nelle sue spedizioni volte alla scoperte, al commercio, alla preghiera. È ”un blocco unico”. È il Medioevo che erige l’imponente cattedrale di Ken Follet, è il disegno imperiale che si adorna di ori e tessere della Cappella Palatina o delle basiliche ravennate. È l’universo visionario di Dante, quello devoto all’ozio di Boccaccio e Chaucer, quello sognante e amoroso di Petrarca. È un racconto in mille anni di racconti di Sherazade, dei vini di Shiraz e delle pietre preziose di Lahore. Tutto passa attraverso il Medioevo. L’idea di Europa, l’idea di una dimensione cosmopolita avulsa dai conflitti e dalle determinazioni della Storia.

-A. Celletti

FONTE IMMAGINI: WEB

FONTI BIBLIOGRAFICHE:

-P. Adorno, L’arte italiana. Dall’Alto Medioevo all’Arte Gotica, ed. D’Anna, Firenze, 1993, pagg. 678-684

-J. Baltrusaitis, Il Medioevo Fantastico. Antichità ed esotismo nell’arte gotica, ed. Adelphi, Milano, 2012

-V. Colonna, Islam. Arte e Cultura. Dispense del corso di Storia dei Paesi Islamici, a.a. 2007-2008, ed. Universitalia, Roma, pagg. 7, 47-48

-O. Domus, L’Arte bizantina e l’Occidente, ed. Einaudi, Torino, 2008, pagg. 160-169

-G. Bora, G. Fiaccadori, A. Negri, I Luoghi dell’Arte, vol. 2. Dall’arte longobarda al Gotico internazionale, ed. Electa scuola, ed. Mondadori, Milano, 2012, pagg.42, 52-52, 56-58

1La struttura è infatti a tre navate, con tre absidi e sormontata da una cupola, secondo un modello tipicamente medio-orientale.

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