I NUOVI ARTISTI (?!) E IL SISTEMA DELL’ARTE

Cosa sta accadendo nel mondo dell’Arte? Un brillante saggio di Mario Perniola, ”L’arte espansa”, è illuminante circa la condizione del mercato artistico e, in particolare, circa la figura dell’artista. ”Espanso” è un termine che in ambito sociologico viene utilizzato per descrivere quella realtà ampliata dalle nuove tecnologie digitali. Il coinvolgimento attivo dell’individuo e la possibilità di replicare la realtà offline in virtuale. Nel caso in questione la parola è, invece, da riferirsi a quell’ampliamento, non tanto della produzione artistica e ideologica, quanto della sua sfera partecipativa. Tutti oggi si fregiano del titolo di artista. È un fenomeno le cui colpe risalgono ai vertici delle istituzioni. Archiviate le accademie, le teorie, i manifesti. Archiviata, dunque, una qualsiasi idea di fondo o programma concettuale, la mole di soggetti che propongono e ”giudicano” ha portato, inevitabilmente, al collasso il sistema dell’arte. Riprendendo la definizione sociologica sopracitata, in qualche modo il contesto digitale ha finito per destrutturare una gerarchia di esperti e la loro attività di ricerca. Basterà partire da un esempio concreto riportato da Perniola. La Saatchi Gallery, qualche anno fa, propose a chiunque di presentare i propri lavori. La partecipazione fu elevata. Le opere presentate esposte senza un criterio logico che spiegasse la disposizione e l’affiancamento ai nomi celebri. Fu un insuccesso. Nel 2006, allora, si decise di selezionare alcuni artisti e archiviare gli altri in attesa di una qualche futura utilità. Si potrebbe obiettare che una proposta del genere offre la possibilità ad alcuni di farsi notare. I problemi del caso sono, tuttavia, altri. Da un lato non si concepisce con quale criterio le opere vengano selezionate. Giudizi estetici? Prospettive economiche? Tutto affidato al caso? Venendo sempre meno l’impatto della riflessione critica quel che resta è la mercificazione a basso costo spacciata per talento. L’altro punto: la visibilità. Prescindendo dalla gloria dell’artista anonimo del vedere la propria creazione in una sala di una galleria/museo o, nel peggiore dei casi, di un sito web, la visione fugace, sottomessa ai tempi di esposizione e visita, di fatto ne fa un fuoco di paglia.

È cruciale lo stallo e il vuoto. Si deve concordare con Sherrie Levine, la quale sostiene che: << Ogni immagine è affittata o ipotecata […]. Possiamo soltanto imitare un gesto che è sempre anteriore, mai originale>> [Perniola, 2015]? E’ evidente che tutto è stato detto e fatto. Non resta che riprendere percorsi già intrapresi. La vera sfida sarebbe saperli rielaborare. Sarebbe possibile se non vi fosse la benché minima forma basilare d’approccio, affidando tutto alla casualità, al formalismo e alla tecnologia. Ecco così l’autoproclamato artista in reflex scattare un soggetto qualsiasi. Il bianco e nero può rendere quell’effetto anticato o creare l’illusionistico gioco luce-ombra fine a se stesso. Nel caso di un self-portait il nudo è d’obbligo. Difetti? Pantocrator Photoshop risolve ogni problema. ”I pittori della domenica” si armano di cavalletto, tela, qualche pennello e tra un colpo di colore e un altro ecco l’opera astratta che nascondi dubbi che neanche Amleto si sarebbe mai posto. Altrove qualcuno si limita a qualche natura morta o a formali raffigurazioni notevoli dal punto di vista tecnico ma prive di un qualche scopo definito.
Vi è poi la categoria di coloro che, vivendo con l’idea dell’artista folle e maledetto, genera le più disparate performance infarcendole di filosofiche interpretazioni.
Un vaso di Pandora all’interno del quale esiste una legittimazione a vendere tutto come prodotto artistico, senza che nessuno lo riconosca come tale. ”Artisti” allo sbando e alla mercé di affaristi in reciproco scambio di aiuto-sfruttamento. Destrutturazione o Apocalisse? Visioni metafisiche, evasive dal diretto contatto col reale. Surrealismi scomposti, classici deturpati, concettuali sommersi da edonismi fisici di statue greche in celluloide. I grandi nomi si trovano così a confrontarsi e a vedersi imitati da chi il talento lo vede in primo luogo in se stesso. Un’Apocalisse che sembra diventare norma e che non riguarda solo il campo visivo. Dalla letteratura alla musica, questa democrazia in versione 2.0 rischia di tramutarsi in oclocrazia. Un’oligarchia tanto blasfema che si nutre di provocazioni o socialismi tanto banali quanto discutibili. Canzonette. spot pubblicitari penosi. La cloaca mediatica genera lo scempio e lo diffonde. Messaggi semplici, scarna creatività. Facilità d’esecuzione e maggior resa ottica. I poli gravitanti attorno al concetto di produzione e riproduzione sembrano inabissarsi a discapito di un’idea che per secoli ha retto questo mondo.
  Un poco inesperti. Un poco infantili e altezzosi, questi nuovi artisti apriranno uno scenario nuovo o saranno la conseguenza illogica della morte dell’arte?