Chiharu Shiota: The Key in the Hand

Siamo soliti nella quotidianità ricorrere ad espressioni del tipo ”Ti affido le chiavi di…”, ”ti dono le chiavi…” et similia; donare le proprie chiavi significa, pertanto, il voler cedere a qualcun altro un qualcosa di personale. Le chiavi simboleggiano un’idea di possessione e intorno ad esse ruota un concetto di strumento per mezzo del quale accedere ad una parte di sé che si vuole tenere separato, nascosto, un qualcosa di inviolabile. Il donarle ad altri è un atto di fiducia, di condivisione, è il segnale di volersi svelare al prossimo, di volersi raccontare. << Ognuno possiede delle proprie chiavi o conserva una vecchia chiave, in questo senso detiene quindi un ricordo>> [Chiharu Shiota]. Nasce così ”The key in the hand”, un’installazione stupefacente, presentata, in occasione della 56a edizione della Biennale di Venezia, dall’artista giapponese Chiharu Shiota.

C. Shiota, The Key in the hand, barche, filo rosso, chiavi, rete metallica, 2015, Biennale di Venezia

Da un groviglio di fili rossi luminosi e intrecciati pendono 50.000 chiavi provenienti da diverse parti del mondo e donate all’artista. Dal fondo, due barche si innalzano verso l’alto: esse, come mani, raccolgono quelle chiavi e di conseguenza accolgono la storia che ciascuna di esse ha dietro. Il moto vorticoso dei fili verso le barche sembra voler suggerir proprio questo sentimento del concedersi, di voler essere un ricordo (isolato dalla rete di fili che ne lascia inalterata l’individualità) facente parte di un tutto. Le stesse barche potrebbero aprire anche ad una interpretazione connessa all’idea del viaggio: l’attraversare quelle rotte intrecciate che s’incontrano e si scontrano assurge a metafora del percorso esistenziale di ognuno di noi, col nostro bagaglio di esperienze che si intersecano con quelle di altri individui.

Si stabilisce in tal modo una connessione diretta tra la parte superiore e quella inferiore dell’opera corrispondente alla stessa che si instaura tra quest’ultima e l’osservatore. << Le chiavi appese che io presento e le chiavi dei visitatori sono collegate e il loro legame è memoria. Essi sono un mezzo e contengono i nostri veri sentimenti. L’opera ci stimola ad andare alla ricerca dei ricordi che vivono in noi>>.

C. Shiota, The Key in the hand, barche, particolare

La Shiota è solita presentare installazioni di grandi dimensioni inserite in enormi spazi vuoti attraversati da reti di fili che lei stessa intreccia e tesse, le quali trattengono e isolano singoli oggetti che lei stessa raccoglie o le vengono donati. <<Io colleziono e raccolgo memorie e ricordi, così quando ricevo lettere, vestiti, chiavi o valigie, posso intuire le storie che le persone hanno vissuto o quelle che stanno vivendo. Le persone non sono fisicamente qui con me, ma avendo i loro oggetti posso avvicinarle, come se potessi costruire un’esistenza assente. Infatti, la maggior parte del mio lavoro si basa sul tema “esistenza dell’assenza”>>: nasce in tal modo una narrazione visiva, in cui ogni oggetto, unitamente al colore dei fili, si carica di significato. Baudelaire scrisse: <<Tutto deve servire ad illuminare l’idea generale. Come un sogno è situato in un’atmosfera colorata che gli è propria, così una concezione, divenuta composizione, ha bisogno di muoversi in un milieu colorato che le è particolare. Evidentemente c’è un tono particolare attribuito a una parte qualunque del quadro che diventa la chiave e governa gli altri>>.

-Alessio Celletti

Fonti immagini: web

Fonti citazioni:

– A. Moya Garcìa, Chiharu Shiota, amo il tempo, in Flash Art, n. 322, luglio-settembre 2015

-A. M. Damigella, Gaugin a Tahiti, in Art Dossier, n.216, ottobre 2006