ANTONIO E CLEOPATRA. LA TRAGICA FINE. (da ”Vita di Antonio”, Plutarco)

Un amore passato alla storia quello tra il condottiero romano Marco Antonio e Cleopatra, regina d’Egitto.
La loro vicenda travagliata è divenuta tanto celebre da alimentare l’immaginario collettivo e culturale.
Incontratisi per ragioni politiche, dopo due sontuosi banchetti furono travolti da un’ardente passione.
La gloria, il potere, il lusso animarono la loro relazione.
Passionali, grandiosi, astuti, i due vissero momenti indimenticabili; trascorrendo le giornate tra scherzi, giochi, focosi incontri, gli amanti più famosi della storia antica, si lasciarono sedurre dal male pensiero dell’invincibilità. Proiettato verso il potere lui, abile regina di seduzioni e intrighi lei.
Plutarco ne la ”Vita di Antonio”, riesce a tratteggiare con dramma gli istanti delle reciproche morti a seguito della sconfitta ad Azio (31 a.c.), che decreterà la supremazia di Ottaviano e sancirà la nascita del Principato prima e dell’Impero poi.

MORTE DI ANTONIO

”Si ritirò quindi in città, imprecando contro Cleopatra, che lo aveva tradito e messo nelle mani di coloro che egli aveva preso a combattere per amore di lei. Essa, temendo la sua folle ira, si rifugiò nella tomba, calò le saracinesche, che erano fatte di sbarre e stanghe robuste, e mandò ad annunciare ad Antonio la sua morte. Egli vi credette. Si disse: “E tu, cosa aspetti, Antonio? La Fortuna ti ha tolto l’unico pretesto che ti rimaneva per amare la vita”, ed entrò in camera. Lì, mentre si slegava la corazza e se la toglieva, esclamò: “O Cleopatra, non mi duole di essere separato da te, poichè presto arriverò dove sei tu; ma mi duole che un imperatore come io sono, si sia rivelato meno coraggioso di una donna”. Antonio aveva uno schiavo fedele, di nome Eros, a cui da molto tempo aveva fatto promettere che, se lo avesse pregato, lo avrebbe ucciso. Ora gli chiese di eseguire la promessa. Lo schiavo sguainò la spada e la sollevò come per colpire il padrone, ma poi la rivolse invece verso la propria faccia e ammazzò se stesso. Mentre cadeva ai suoi piedi, Antonio disse: “Bravo, Eros, che mi insegni come io debba fare ciò di cui tu sei incapace”. Si colpì dunque al basso ventre, lasciandosi cadere sul lettuccio. Ma il colpo non fu tale da provocare una morte istantanea. […] Così Antonio gridò e si dibatté, finché non venne il segretario di Cleopatra, Diomede, mandato da lei per prenderlo e portarlo nella tomba, dove si trovava la regina.
77. In tal modo venne a sapere che Cleopatra era viva. Ordinò allora con tutta l’anima ai servi di sollevarlo e di portarlo a braccia fino alle porte dell’edificio. Cleopatra però non aprì la porta: ma apparve da alcune finestre superiori e ne calò funi e corde. Antonio fu assicurato ad esse, e Cleopatra lo tirò su con l’aiuto di altre due donne, le uniche che aveva ammesso nella tomba insieme a lei.
Chi fu presente alla scena dice che non ci fu mai cosa tanto pietosa a vedere. Arrossato di sangue e in lotta con la morte, il romano saliva tendendo le mani e sollevandosi verso di lei. Non era infatti un operazione facile da compiere per una donna. A stento Cleopatra, stringendo forte le mani e col viso contratto dallo sforzo, tirava su la corda, mentre quelli che erano abbasso li incitavano e prendevano parte alla sua fatica. Una volta che l’ebbe accolto, dopo tanto penare, nella tomba, e l’ebbe stesso sopra un divano, si stracciò i veli su di lui, si batté e lacerò il petto con le mani, si insanguinò il viso col suo sangue, lo chiamò signore e marito e imperatore; quasi si dimenticò dei suoi guai per la pietà che sentiva dell’amato. Antonio pose termine al suo lamento chiedendo di bere del vino […].”
MORTE DI CLEOPATRA

83. Di lì a pochi giorni venne a trovarla e a confortarla anche Cesare in persona. La trovò sdraiata su un pagliericcio, in umile stato. Ma alla sua entrata saltò fuori in camicia e corse a gettarsi ai suoi piedi. I suoi capelli e la faccia erano tremendamente sconvolti. La voce le tremava. Gli occhi erano infossati. Molti segni di strazio apparivano anche sul petto. Insomma sembrava che il corpo non stesse molto meglio dell’anima. Tuttavia il fascino e la bellezza audace, per cui andava famosa, non erano spenti del tutto. Benché fosse così ridotta, balenavano dall’interno, chissà da quale recesso del suo animo e si manifestavano dai moti del volto […].
84. Cleopatra, a sentir ciò, domandò per prima cosa a Cesare il permesso di recare libagioni al corpo di Antonio. Il permesso le fu accordato. Si fece dunque portare alla tomba e abbracciando l’urna, circondata dalle donne del seguito, disse: “O caro Antonio, poc’anzi ti seppellivo con mani libere, e ora verso libagioni in condizione di prigioniera e tenuta d’occhio perché non possa, nè battendomi il petto nè piangendo, deturpare questo corpo schiavo e serbato per i trionfi che si celebreranno su di te. Non attendere altri onori e libagioni; queste sono le ultime parole che Cleopatra ti può fare, poichè la trascinano via prigioniera. In vita nulla ci separò uno dall’altro; con la morte temo che dovremmo scambiarci i luoghi della nostra origine: tu, romano, giacerai qui, io, derelitta, in Italia, e solo la parte che coprirò col mio corpo, riceverò della tua terra. Ma se gli dèi che stanno ove tu sei hanno forza e potenza, visto che quelli di quassù ci hanno tradito, non abbandonare la tua donna finchè sia viva, e non permettere che egli trionfi su di te nella mia persona; nascondimi invece e seppelliscimi qui con te, poichè, seppure innumerevoli sono i miei mali,nessuno è così grande e atroce quanto questo breve tempo che ho dovuto vivere senza te”.
85. Dopo aver espresso questi lamenti, inghirlandò e baciò l’urna;quindi comandò di prepararle un bagno. Lavata, si sdraiò e consumò un magnifico pasto.
E arrivò un tale dalla campagna con un paniere. Le guardie gli chiesero cosa contenesse, egli l’aprì, tolse le foglie, e mostrò il recipiente pieno di fichi. Le guardie si stupirono di quanto erano belli e grossi quei fichi. Al che ridendo l’uomo li invitò a prenderne. Gli altri gli credettero e gli dissero di portarli dentro. Dopo il pasto Cleopatra prese una tavoletta, che aveva già scritta e sigillata e la mandò a Cesare, quindi licenziò tutta la servitù, tranne le sue due donne, e chiuse la porta.
Cesare, appena aprì la tavoletta e cominciò a leggere suppliche e lamenti, con cui Cleopatra gli chiedeva di seppellirla insieme ad Antonio, subito comprese cosa era accaduto. Il suo primo impulso fu di andare a vedere di persona; poi mandò altri ad indagare in tutta fretta.
Sennonchè il trapasso era stato rapido. Gli uomini di Cesare andarono di corsa sul posto, ove trovarono le guardie ignare di tutto; ma, aperte le porte, la videro morta, distesa sul letto d’oro, ornata come una regina. Delle due donne, una, a nome Ira, stava morendo ai suoi piedi mentre l’altra, Carmione, aggiustava il diadema intorno ai capelli della regina barcollando ormai e col capo a ciondoloni.
86. Si racconta che l’aspide fu portato a Cleopatra nel paniere insieme ai fichi, e che aveva dato ordine di nasconderlo tra le foglie, affinchè il rettile la morsicasse senza che essa se ne accorgesse. Ma quando tolse i fichi, lo vide, e disse : “Eccolo, era qui”. Denudò perciò il braccio e lo offrì al morso dell’animale. […]
Cesare, benchè contrariato dalla morte della donna, ammirò la sua fierezza e dispose che il suo corpo fosse sepolto con tutti gli splendori consueti ai re, insieme ad Antonio. Anche le due donne ebbero per sua volontà onorevoli esequie.
Cleopatra morì a trentanove anni di età, dopo aver regnato per ventidue e per più di quattordici aver governato con Antonio.”