ANDRES SERRANO: ESISTENZE IN SCATTI

Osservando l’arte multiculturale di Andres Serrano la prima impressione che se ne trae è quella di una costante provocazione. Madonne dissacrate, un Cristo nero, cardinali sadici, morti e icone della tradizione artistica immerse nell’urina e nel sangue. Si erra, però, nel limitarsi ad un giudizio superficiale, senza indagare sino in fondo il senso ultimo della sua concezione visiva.
-LE OPERE SACRE
Il rapporto col sacro non è conflittuale o di scherno. Cresciuto nella Brooklyn degli anni ’50, la sua religiosità deriva dalla cultura cristiana (tipicamente italiana) del suo quartiere nativo a cui si aggiungano le origini indigene della famiglia e il contesto sociale di riferimento. La concezione della sacralità nella fotografia dell’artista passa, pertanto, attraverso il filtro eclettico di un modernismo che rilegge la tradizione iconografica tipica della cristianità artistica. Se da un lato è possibile scorgere un impianto costruttivo di matrice classica, è pur vero che la rilettura visionaria di Serrano è destinata a conferire un’impronta di scialbo ed edonistico sguardo che isola i personaggi e ne neutralizza la divinità. Appaiono così umanizzati e al contempo irreali, pur nel realismo della resa tecnica su cui giocano i colori accesi. Il rosso è il predominante; legato al sangue, esso ha importanza fondamentale per Serrano. Il sangue è un fluido come l’acqua, l’urina, lo sperma, fluidi vitali per l’esistenza, destinati a dissolversi nel tempo, con la morte, con il decomporsi della materia corporea.
La simbologia assurge a messaggio di condanna o a valore intrinseco della rappresentazione. Così un crocifisso alla cui base originano zampe rapaci come immagine di una venerazione blanda e arraffatrice; oppure, un Cristo Salvatore che, nell’atto benedicente, regge un teschio minuscolo, emblema del trionfo della vita sulla morte. Il valore iconografico di forte impatto di una Madonna che regge in pietà un neonato avvolto nelle fasce può stupire per la freddezza della scena in sé. In realtà non mancano nella tradizione raffigurazioni simili, nelle quali la Madonna veste in nero. Nella scena in questione, il bambino, apparentemente defunto, racchiude in sé il destino della morte e resurrezione. È sorretto dalla madre in gloria vestita e rifulgente del candore della beatitudine e verginità.
Tra il patetico e l’essere sparuti si è soliti accostarli alle miserevoli figure di Caravaggio, con il loro animo di una  venerazione che si macchia di ridicolo e grottesco. In altri casi affiora la violenza (i ritratti oscuri del Ku Kluz Klan), in altri ancora strani rituali.
Ripercorrendo la carriera di Serrano, essa inizia come attività lavorativa presso un’agenzia pubblicitaria, emergendo solo negli anni ’80  come fotografo. Non è un dato da sottovalutare. Si ricordi che la cultura pop ancora vive nel clima della Factory di Andy Wharol e Serrano non deve esservi rimasto indifferente. Una sacralità ”pop”, da magazine ne sorregge l’impianto che mescola, nella genialità dell’artista, la tradizione all’innovazione: il dramma allucinato e l’indole catatonica di El Greco e dei Manieristi, la miseria esistenziale di Caravaggio incontrano la sfrontatezza e l’esibizionismo della contemporaneità. Una religiosità che veste i crismi dei tempi del consumismo sfrenato e dell’ostentazione. Nascono così le sue icone, quelle carnali e logore figure dissacrate: un Cristo in calvario distratto in Crucifixion, il papa la cui veste bianca s’imbratta di sangue; un Cristo nero morente tra le mani di una madre che sembra sollevata dal conforto della salvezza divina.
-NOMADS (1990)
La notorietà di Serrano si deve al celebre Piss Christ (1989) che fu duramente condannato. Dopo un periodo di assenza, causata dalla dipendenza alla droga, negli anni ’90 Serrano presenta la sua prima serie ”Nomads’‘. Una galleria di ritratti a grandezza naturale di emarginati, di senzatetto che fanno della strada la loro dimora. Reietti e abbandonati, Serrano ne coglie la condizione solitaria e di dimenticanza, specie a livello politico e sociale.
-THE MORGUE (1992)
The Morgue” è il lavoro più inquietante. Serrano ottiene il permesso di fotografare cadaveri in un obitorio. Sono frammenti di corpo, spesso velati. Mani e gambe che emergono nel buio dello sfondo. La morte, pur nell’anonimato che circonda i corpi, non viene mai mostrata come tale. I cadaveri presentano pur sempre una loro parvenza vitale, nei toni cromatici varianti tra il colore roseo della carne e il ceruleo della morte, nella pacatezza delle espressioni quasi scultoree, nelle ferite ancora aperte e il cui sangue testimonia una vita ancora presente. Quei corpi sono come bloccati, in bilico tra l’ultimo stralcio di esistenza e la dissoluzione, la velatura che ne prepara la sparizione terrena, occultando in eterno il ricordo.
Un’indagine che arriva e va oltre il confine estremo dell’esistenza. Spregiudicata quanto cruda, la realtà della morte viene così immortalata e offerta come annunciazione del miserabile destino collettivo.
-A HISTORY OF SEX (1996)
Anziani, disabili e tutta una serie di personaggi che difficilmente si crederebbe possano avere una sfera sessuale, danno vita ad una galleria di eccentriche fantasie erotiche, strani accoppiamenti, megalomanie che sfidano i limiti della natura stessa.
Serrano è un attento osservatore. Il filo conduttore di tutta la sua produzione risiede nei due binari connessi della vita e della socialità. Gli aspetti più ”stravaganti” di quest’ultima divengono arte. Dalla religiosità all’abbandono, dall’erotismo alla violenza. ”Torture ” è la denuncia più forte che Serrano mette in mostra. Corpi denigrati, umiliati. Vite umane ridotte alla loro stessa negazione. La barbarie della violenza che riduce la dignità dell’uomo a rango di bestia.
Figura controversa, Serrano genera simulacri sulle vicissitudini dell’esistenza, conferendo quel carattere provocatorio che non è il fulcro, ma accompagna quella realtà velata che egli squarcia. La Vita è centrale. I lavori in cui mescola latte, urina, sperma e sangue, altro non sono che il miscuglio primigenio da cui deriva l’esistenza, che la alimentano, la arricchiscono mediante la fede e l’arte.

-A. Celletti

fonte immagini: web