SOAP&SKIN: FAVOLA DELLA REGINA DELL’ELETTRO-DARK

Non è dissimile da una moderna favola la storia di Anja Franziska Plaschg, meglio nota come Soap&Skin. Giovanissima lascia la sua casa, una fattoria a Gnas, nella regione austriaca della Stiria per iscriversi al Politecnico di Graz, abbandonando presto questi studi;  se ne va a Vienna, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e segue un master tenuto da Daniel Richter sino ai diciotto anni, quando decide di ritirarsi.
Una vita fatta di abbandoni, di rinunce, di difficoltà tali che trovano nella musica la loro ragion d’essere, il punto di liberazione per quest’anima tormentata.
La musica, infatti, ha sempre fatto parte della vita della Plaschg.  Inizia a studiare pianoforte all’età di sei anni e a cui aggiunge poi lo studio anche del violino, mentre cresce in lei la passione per la musica elettronica. Tutti elementi che riesce a fondere abilmente nelle sue composizioni, suggestionate da artisti del calibro di Xiu Xiu, Bjork, Aphex Twin e, soprattutto, Nico, la cantante-modella dei Velvet Underground, interpretata proprio da Anja in un film e, per l’occasione, arrangia un’affascinante cover di Janitor of Lunacy.
Il 2009 è l’anno della svolta.”La bambina prodigio”, come l’ha definita la critica, pubblica finalmente il suo primo album, Lovetune for vacuum,  conquistando nelle classifiche europee posizioni importanti. Capolavoro di piano ed elettronica, quest’album viene celebrato dalla critica e per Soap&Skin il successo è ormai garantito!

D’altronde Lovetune for vacuum è il ritratto perfettamente compiuto della Plaschg. Un’elegia della psicosi che dilania l’anima della cantante. Un tentativo disperato di raccogliere i frammenti scomposti dei suoi incubi e ricomporli, per dar la loro la forma di una nota gotica. Passa dai tasti di un pianoforte suonato con malinconia, alle percosse iraconde di percussioni e filtri. Vibrazioni elettroniche in diffusione. Un sofisticato lavoro di psicoanalisi che lei compie su di sé in sbalzi di musica e voce, la sua, profonda e suggestiva.
La voce anche, infatti, gioca un ruolo fondamentale: riesce in essa a convogliare quel delirio lucido, passando da note urlate rabbiosamente a sussurri fiabeschi. La Plaschg ha davvero la capacità di saper giocare con la musica, plasmarla addosso alla sua indole complessa, indossandola come un abito che ha saputo con maestria cucirsi addosso. Sleep, il brano che apre il suo primo cd è un valido esempio di quanto sinora detto: dopo le iniziali note di pianoforte ecco un sussurro, un emergere lento di una voce che, improvvisamente, nell’invocare la luna, si fa supplichevole e urla questa supplica per poi smarrirsi nuovamente nel suo mondo; dà l’impressione di un corpo che racchiuso in se stesso trova la forza di liberarsi e poi tornare al punto di partenza. Ma c’è molto ancora da scoprire in quest’album, come in Mr Graunt Pt 100, dolce suonata da piovoso pomeriggio d’inverno; la malinconica Cynthia o la commovente Turbine Womb, sino a Brother of sleep che chiude l’album, in cui voci molteplici si sovrappongono riproponendo atmosfere surreali alla Julianna Barwick. Se in questi brani la sonorità si mantiene pacata, trasformandosi talora in suggestive nenie che portano l’ascoltatore a smarrirsi in universi metafisici, la Plaschg ci richiama su questa terra battendo colpi violenti e sferzate elettroniche come in Marche Funébre o nella metallica DDMMYYYY, che s’insinuano tra le tracce come uno sfogo momentaneo, un istante liberatorio.

Con Narrow, il secondo album della cantante austriaca, i toni non cambiano; accentuato il ritmo elettronico, ciò che lo caratterizza è una maggiore maturità, data da lunghi tre anni di intenso lavoro e da eventi che incidono sulla già fragile indole di quella che ormai è diventata una donna, come la morte improvvisa del padre, a cui è dedicata la traccia d’apertura dell’album, Vater.
Nel complesso l’album ha un minore impatto rispetto al precedente, ma conferma l’eccezionale dote della Plaschg come artista straordinaria e poliedrica. A ciò si devono aggiungere le collaborazioni (celebre quella con gli Apparat in Goodbye) o le numerose cover, che adatta alla sua persona, trasformandole in componimenti nuovi, affascinanti, come Me and The Devil o Voyage Voyage sino al più recente omaggio a David Bowie in occasione della sua scomparsa. Recentemente poi ha dato sfogo al delirio con l’apocalittica Sugarbread, accompagnata da un video gelido sui lati oscuri dell’umanità.

C’è poi lei, Soap&Skin, perchè il suo progetto non passa solamente attraverso la musica, ma, ad arricchire il tutto, la personalità dell’artista, riflesso del dramma dei suoi brani.  Si presenta sovente martoriata, cupa, coi capelli sconvolti, gli occhi abbassati e sofferenti. La sofferenza vibra in lei con la stessa intensità delle sue note e sembra volerla dominare e annientare. Semplice nel suo modo di presentarsi, oscillante tra lo squilibrio e un candore bastonato, la Plaschg mantiene sempre un certo distacco emotivo, rinchiudendosi nell’antro cupo delle sue ansie, trovando conforto sui tasti del suo onnipresente pianoforte; e, quando decide di abbandonarlo, si avverte un senso di spaesamento, turbamento. Si può ravvisare  una dimensione performativa nelle sue esibizioni in cui musica e movimenti si coordinano alla perfezione, degno di chi sa nutrirsi di musica, di chi vive per questa. Basti osservare performance live come Marche Funébre, dove la Plaschg vaga sul palco alla ricerca di qualcosa: parte la musica e con le mani nelle mani, come intimorita, inizia a cantare; presto il suo corpo inizia a coordinarsi con il ritmo della base: sembra che siano le note, come scariche elettriche, a muoverla. Una perfetta simbiosi. Per non parlare poi di Sugarbread accompagnata dal talento degli Ensemble: un palco buio. Parte la musica e tra le luci la Plaschg che si agita come indemoniata, baccante in preda ad un’estasi orgiastica.
Eclettica, quest’artista ha avuto il grande dono di un’abilità compositiva degna dei più grandi cantautori. Una voce calda, passionale (alla quale si avvicina attualmente quella ad esempio di Chinawoman) che le ha consentito di scalare l’Olimpo della celebrità, insediandosi a buon diritto tra quei miti che lei tanto ha amato e seguito. L’attesa di un suo ritorno, dopo ben quattro anni, ormai è tanta e, sebbene in quest’arco di tempo non siano mancati Ep e cover, cresce anche la curiosità di sapere cosa ”bolle nel calderone” delle sue paranoie. Un nuovo progetto sembrerebbe essere in corso. Frementi, attendiamo il grande ritorno di questa grande rivelazione della musica nord-europea.

-A. Celletti