SAMANTHA PASSANITI: semplicità e sintesi delle forme

Un’isola compiace sempre la mia immaginazione,

anche la più piccola,

in quanto piccolo continente e porzione integrale del globo”.

Henry David Thoreau

Samantha Passaniti

”L’autentico momento d’interesse dell’opera d’arte” sosteneva l’artista poverista Giuseppe Penone (n.1947) ” è il momento della scoperta, della poesia, dell’ispirazione”1 e questo pensiero ben riflette il modo di procedere di Samantha Passaniti (https://www.samanthapassaniti.com/), artista la cui poetica si fonda sulla connessione tra linguaggi pittorici e materici diversi e il cui sincretismo origina dall’abilità sapiente della stessa di conferire loro un’impronta personale e originale.

Il riferimento a Penone, d’altronde non è casuale, poiché è ravvisabile tra i due artisti una simile (e alquanto curiosa) linea comune di pensiero.

Per entrambi, infatti, l’opera d’arte non è mai rappresentazione, ma è una parte di realtà e, anzi, il principio primo che muove il procedimento artistico è l’approccio sperimentale a quella, l’osservazione dei suoi costanti mutamenti, le relazioni private e pubbliche che si stabiliscono tra l’artista e l’ambiente.

Quest’ultimo, d’altronde, costituisce un aspetto fondamentale del loro lavoro, la fonte primaria da cui attingere la materia, essendovi alla base un’idea di ”terra come produzione di immagini o di vita, la terra come gravidanza2, come ciclicità costante che influisce anche sui corsi esistenziali dell’uomo.

Accostamenti a parte, non si deve vedere nel lavoro della Passaniti un ”debito artistico” nei confronti di Penone, perché l’artista segue una sua strada, una sua poetica.

Per capire il lavoro di questa artista si possono, tuttavia, tenere in riferimento i tre termini riportati nella citazione iniziale, ossia ”scoperta”, ”poesia” e ”ispirazione” potendo descrivere la poesia nei suoi lavori come ispirata dalla scoperta della materia derivante dall’osservazione dell’ambiente che la circonda e che lei vive o attraversa.

Non v’è dubbio che la Passaniti sia un’artista materica, ma non bisogna cadere nell’errore di considerare una simile tendenza come costitutiva e limitante della sua produzione.

Questo materialismo di fondo non è un adattamento ad una tendenza, ma è la conseguenza tanto di una scelta maturata nel tempo quanto di un contatto con la materia vissuto sin dall’infanzia quando, con la consueta curiosità infantile, creava ”oggetti” con foglie e altri materiali trovati per strada oppure quando trascorreva il tempo nella falegnameria di famiglia imparando così ad apprezzare il legno, materiale che, non a caso, ricorre spesso come supporto nelle sue opere.

<<Sono sempre stata affascinata da questo mestiere e dalla materia del legno, dal suo odore, dal suo essere resistente ma anche facile da lavorare, dal suo essere vivo e così legato alla natura>>.

Ciò risponde ad un obiettivo preciso: rompere gli schemi ed operare nella più totale libertà espressiva e senza condizionamenti esterni.

<<Ho cominciato quindi ad utilizzare materiali extra pittorici, la superficie pittorica ha iniziato ad essere tridimensionale sia per le materie utilizzate sia per i supporti e spesso i vari pezzi hanno cominciato a dialogare assieme nello spazio dando vita a delle vere e proprie installazioni pittoriche. Questo modo di lavorare devo dire che è molto più stimolante, ed anche se spesso ritorno alla superficie bidimensionale, mi piace mantenere questa libertà totale nella scelta dei materiali, delle dimensioni e dello spazio.

Nel mio lavoro amo essere sempre totalmente libera. La libertà assoluta che mi concedo alimenta la mia creatività e la passione nello svolgere certe attività. Faccio sempre in modo di rinnovare la mia ricerca senza adagiarmi alle abitudini. Credo che questo sia fondamentale per un artista o perlomeno lo è per me. >>

Il ruolo dell’ambiente s’insinua nella sua arte in maniera controversa, da protagonista certamente, ma non in maniera assoluta, bensì è chiamato a rappresentare una proiezione esterna di un’immagine interiore, attribuendo alla materia naturale un valore simbolico.

Tutto ciò risponde all’idea che l’artista ha della sua ricerca, da lei ritenuta una sorta di ”diario segreto scritto costantemente, ed ogni opera realizzata è come il racconto di qualcosa di importante da esprimere”; un processo catartico che ha il suo centro focale nell’incontro armonioso con la natura, un lasciare una parte di sé nell’eterno, nel ”fissare per sempre e simbolicamente una piccola parte di mondo che andrebbe altrimenti persa”.

<<il significato della mia ricerca è questo: esprimo me stessa, la mia epoca attraverso l’arte confrontandomi con l’ambiente e utilizzando materie semplici, naturali e artigianali. La semplicità e la sintesi delle forme, la naturalità delle materie credo che possano essere forti portatori di messaggi tanto quanto lo sono le opere tecnologiche e realizzate con materiali industriali tipiche degli ultimi decenni del panorama artistico.>>

Aspetti questi che sembrano fare della Passaniti l’ultima erede di quell’Arte Povera che nasceva col presupposto di operare una netta frattura col mondo ”commerciale” dell’arte, che si rapportava nei confronti di questo in maniera critica e rivendicava un’artigianalità di fondo in contrapposizione all’industrializzazione oggettuale del prodotto artistico (”opponendosi al flusso della modernità…tirandosi fuori dal vortice dinamico del progresso tecnico-scientifico e riflettendo sulle ragioni più profonde della propria esperienza artistica, che travalicano i limiti contingenti di un’opposizione tradizione/modernità per attingere, invece, a dati più ancestrali e universali”3) ricercando nella realtà, nel tempo attuale un approccio sperimentale in chiave tautologica (”La tautologia è il primo strumento di possesso sul reale, eliminando le sovrastrutture, si riinizia a conoscere il presente e il mondo”4-G. Celant).

Ed è proprio l’artigianalità nelle opere della Passaniti l’elemento valorizzante, ossia quell’intervento atto a dare senso al caotico, a razionalizzare per mezzo di geometrie solide l’espressione concettuale ridotta a sintesi visiva, frutto di un progetto mai troppo ragionato, ”un metodo che non ha metodo” come lei dice.

Le mani dell’artista intervengono a delineare con rigore geometrico uno spazio che serve ad intrattenere la materia, i cui elementi protendono ad espandersi all’infinito. Ne cattura una parte e lascia che questa, all’interno dei confini del supporto, trovi un suo ordine, il punto d’incontro tra uomo e natura, tra raziocino e caos.

Il risultato è una serie di opere che a volte dialogano tra loro dando vita a vere e proprie istallazioni oppure vivono nella loro solitudine, risaltando, in entrambi i casi, sotto il profilo estetico per la presentazione ”pulita”, rifinita, qualificandosi eccellenti opere di artigianato.

S. Passaniti, Mirror Sea, 2018, tecnica mista su tavola, 4 pezzi, 20×30, collezione privata. Courtesy l’artista

È nella citazione di Henry David Thoreau, per concludere, che sembra cogliersi appieno il senso dell’arte di Samantha Passaniti:

“Un’isola compiace sempre la mia immaginazione, anche la più piccola, in quanto piccolo continente e porzione integrale del globo”.

-Alessio Celletti

S. Passaniti, Water Mirror, 2016, fotografia digitale proiettata su scatola in legno contente acqua, cm 42x30x3. Courtesy l’artista

Biografia dell’artista:

Samantha Passaniti (n.1981) vive e lavora tra Monte Argentario e Roma. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Roma e studiato presso la Slade School of Art di Londra. Tra le sue esperienze, tra il 2015 e 2016 è stata assistente di studio presso lo studio dell’artista americano Lawrence Carrol di Bolsena

1Tratto dall’intervista a Giuseppe Penone in G. Lista, Arte Povera, ed. Abscondita, 2011 Milano pag. 111

2Ibidem pag. 122

3G. Piva, vd nota 1, pag. 160

4G. Celant, Arte Povera. Appunti per una guerriglia, in Flash Art n.5 novembre-dicembre 1967, pag. 4