”VIAGGIO IN PARADISO” di Mark Twain

Immagine di copertina di una edizione di Viaggio in Paradiso, M. Twain, 1909

Povero capitano Stormfield, morto sulla sua nave, nel mezzo dell’oceano, alle 12.14, circondato dai suoi fedeli intenti a discutere sul suo trapasso. Un bell’uomo, in fin dei conti, pur se vicino alla settantina. Capelli neri, appena sfiorati da fili grigi, un ”corpo [che] non mostrava tracce d’età…spirito risoluto e il fuoco che gli ardeva negli occhi’.

Sentiva le ultime voci farsi sempre più lontane e poi…buio! <<Oh, buio fitto come la pece. Tutto in un secondo! Ero morto e lo sapevo>>. Inizia così il viaggio verso il paradiso del nostro capitano. Si innalza, infatti, e vede la nave e il mare allontanarsi e, improvvisamente, una luce accecante…forse è finito nel sole. Poi buio, di nuovo.

Uno scenario dantesco. L’oscurità, tre anime spaurite e piangenti (l’ebreo Solomon Goldstein, il convinto repubblicano George Bailey, ”buon diavolo, ma lunatico e cogitabondo” e il ”vilissimo verme” Tom Wilson), richiamo alle tre fiere, ma incarnati ciascuna un peccato (l’avaro, il suicida e il traditore); un percorso ignoto verso l’inferno e molte anime lungo il cammino, ognuna destinata a smarrirsi e ad errare per secoli. E il paragone non si limita a questo. Tuttavia, mentre quello dantesco è un percorso ascendente, quello immaginato da Twain è lineare e si snoda in un paesaggio disteso all’infinito, in cui le leggi della fisica e del tempo sono sovvertite. Si può girare anni ed anni, addirittura secoli. Lungo il cammino Stormfield incontra tipi bizzarri, impauriti come lui e con essi condivide paure ed esperienze, ma alla fine resta sempre solo e, come tale, deve arrangiarsi a provvedere alla ricerca della sua meta, a capire i meccanismi di quel mondo simile al nostro, ma diverso. Arricchito da un linguaggio scorrevole e picaresco, Viaggio in Paradiso è una rilettura visionaria e fantastica che Twain opera liberandosi dei luoghi comuni appartenenti all’immaginario popolare e letterario che vogliono il mondo dell’aldilà come oasi di pace, serenità, ordini gerarchici e distinzioni. Nulla di tutto questo, ma è piuttosto ”un’ironia allegra e definitiva contro la prosopopea dei potenti…nel nome di quel radicale, irriducibile e forse ingenuo spirito democratico che è il nocciolo buono della cultura americana”[Serra].

Il modello di riferimento, come detto, è senza dubbio dantesco; eppure Twain riesce a ribaltarlo in una visione favolosa, contornando di immagini suggestive i luoghi percorsi da ”Dante-Stormfield”. Così la nave di Caronte, che sembra trasportare tutta la città di Dite, diventa una cometa. <<Noi non abbiamo comete di quel tipo; non è possibile fare alcun paragone […]. Appena l’avevo scorta, in distanza, m’era sembrato che quella cometa emanasse un chiarore azzurro come una torcia prossima a spegnersi, ma a misura che m’avvicinavo, la luce diventava sempre più intensa>>, ma improvvisamente scorge un ufficiale di guardia, un novello Caronte ostico e crucciato, intento a dare ordine di aggiungere zolfo, spiegare i velacci e controvelacci e allora: <<in meno di dieci secondi la cometa si mutò in una nube di brandelli di tela dai colori fiammeggianti, ammonticchiati nel cielo a perdita d’occhio. Mentre i focolari delle macchine eruttavano fumo di zolfo, parve che la cometa si gonfiasse e occupasse tutto lo spazio celeste […]. A un tratto si scatenò un altro rumore assordante. Pareva che migliaia e migliaia di nostromi soffiassero nei fischietti, mentre intorno si levava il clamore delle bestemmie d’una ciurma numerosa come la popolazione di centomila mondi del tipo del nostro>>. Scampato il pericolo di venire travolto e sospinto in lontananza, il povero Stormfield si ritrova immerso di nuovo nella notte, osservando in lontananza delle luci sfavillanti, prima di perdere i sensi. Al risveglio si accorge che <<davanti si stendeva un mondo meraviglioso, un paese splendido e affascinante. Quelli che avevo scambiato per fornaci erano cancelli alti alcuni chilometri e fittamente tempestati di gioielli, che si aprivano in una muraglia di oro massiccio stendentesi all’infinito in tutti i sensi>>. È finalmente arrivato Stormfield? No, ha sbagliato luogo. Dopo una conversazione tenuta con un essere dalle curiose sembianze (il quale era ignaro di cosa fossero il Mondo, l’America, ecc, scoprendolo solo per mezzo di un amico che gli disse che era un minuscolo punto nella galassia in cui si trova anche Giove), il capitano si rimette in cammino, giungendo finalmente a destinazione. Ad accoglierlo una schiera di anime, che portano con sé un’arpa, un ramoscello d’ulivo e altri oggetti. Sono gioiosi. Cantano, camminano e…abbandonano gli oggetti (o, per meglio dire, li lasciano alle anime sprovviste). La confusione nella testa di Stormfield è immensa; a dissipare tutti i dubbi ci penserà quella che potremmo definire il Virgilio del racconto, ossia Sam Bartlett, che spiegherà alcune curiosità di quel luogo insolito. Ad esempio, gli oggetti vengono abbandonati perché, dopo l’euforia iniziale, ciascuno prende consapevolezza che non si può trascorrere in tal modo l’eternità e così ci si trova qualche occupazione. Un poeta, che in vita faceva il calzolaio non necessariamente in paradiso deve continuare a fare scarpe. Regna una logica del buon senso in paradiso. Si immaginerebbe mai che in paradiso si soffre? <<Qui ci sono sofferenze, e molte. Diverse, però, da quelle mortali, e non durano a lungo. In sé e per sé, la felicità non esiste. La avvertite, però, come uno stato d’animo che contrasta con gli stati d’animo spiacevoli…>>. Un giorno incontra un vecchio angelo calvo, Sandy McWilliams. Sandy è la Beatrice della situazione, giunto per guidarlo, istruirlo su alcuni particolari. Due sono le cose sorprendenti che Stormfield apprende:

  • in paradiso ciascuno si accompagna con chi più lo aggrada. Sebbene esista un dato ordine gerarchico, ciascuno non viene destinato sulla base delle azioni compiute in vita. Semplicemente sceglie con chi stare. È possibile vedere anche angeli di rango superiore e i patriarchi, ma non concedono udienze o non incontrato chiunque lo desideri. Essi hanno ali colorate stupefacenti e aureole, ma questi sono semplici segni distintivi, degli inutili orpelli (e Stormfield lo scoprirà a proprie spese che seccatura sono le ali!).

  • Ognuno può mantenere la propria età o scegliere di tornare giovani o adulti a seconda dei propri desideri. Solitamente i più mantengono l’età che avevano al momento del loro arrivo. Questo perché, in sintesi, pur tornando giovani o diventando adulti, si cambia nell’aspetto, ma la maturità acquisita o l’infantilità restano le stesse e ci si sente ridicoli o inadeguati a mantenere quell’aspetto.

Vige in quel posto un senso dell’uguaglianza anomalo, per cui anche un barista come Billings può ricevere l’onore di vedere un patriarca partecipare al ricevimento che si terrà per celebrare il suo arrivo. Una gerarchia aperta a tutti, anche ad esseri provenienti da altri pianeti (con il loro atteggiamento derisorio nei confronti del nostro). Molte sono le curiosità che attanagliano l’animo del nostro capitano. Il Dante-Stormfield vuole conoscere e non perde occasione per guardarsi intorno, domandare. Il suo obiettivo non è alcuna forma di redenzione. Egli vuole solo trovare quello che va cercando e, alla fine, ci riesce: la serenità.

Costruito come una lunga lettera, questo breve e sagace romanzo offre al lettore la possibilità di immaginare un luogo come il paradiso secondo una prospettiva nuova, libera dai luoghi comuni e dai misticismi religiosi. Stormfield sembra non acquisire alcuna dote speciale, ma, al contrario, mantiene le stesse sembianze e lo stesso carattere. Sembra che ognuno in paradiso viva una sua vita, in uno stato solitario che si mescola a quello delle altre anime. Vi è l’individuo, chiamato a farsi esploratore, interprete e padrone di se stesso.

Un paradiso dove non esiste felicità, ma si soffre anche. Eppure ci si diverte molto, come conferma Sam Barlett a Stormfield.

Pubblicato nel 1909, questo romanzo è una lettura piacevole, leggera. Un romanzo scorrevole e velatamente sarcastico, affidato alla penna sapiente e visionaria di un grande scrittore, Mark Twain.

-A. Celletti

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

-M. Twain, Viaggio in paradiso, 1909, ed. Gruppo editoriale l’Espresso S.p.a., 2011, Roma. Trad. M. Celletti Marzano. Introduzione, M. Serra