VALERIA CATANIA, ”SVELAT…@…MENTE”

…questa voce al ricordo risuona spietata

e tremante: ha tremato una volta per noi…

-C. Pavese

Il non dimenticare e la memoria. L’una in funzione dell’altro allo scopo di forgiare la coscienza, perpetrare il ricordo. Ma il ricordo è malleabile e si scontra con le interpretazioni che ciascun individuo ne trae, urtandosi vicendevolmente e, alla fine, di quello ne resteranno infinite voci, molteplici visioni e sentimenti che sfociano in altrettante verità, assolte o censurate, reali o presunte. La verità assoluta passa attraverso l’insindacabile giudizio della Storia, che seleziona le memorie e le tramanda in virtù della loro importanza e funzionalità nel contesto sociale e temporale, ne condanna altre all’oblio.

”Giornata della Memoria. Per non dimenticare”: avere memoria di cosa? Chi non dimenticare? Il 27 gennaio di ogni anno sentiamo ricorrere termini come ”Olocausto”, ”Sterminio”, ”Genocidio” che sembrano ogni volta trovare un comune denominatore nel riferimento agli Ebrei. Ma non furono solo uomini, donne e bambini di origine ebraica a morire dietro quei fili spinati e quei cancelli, dentro quelle camere a gas o nei forni; calpestarono le fredde terre anche oppositori politici, Rom e tutta quella schiera di individui bollati dalla società come ”deviati” o, in generale, individui che il regime degradò al rango infame di ”degenerati”. Deviati lo furono tutti, ma non in ragione della loro persona, bensì la devianza fu operata nei loro confronti dalla società, che li condannò ben prima che a farlo fosse la mano criminale di un regime e li condannò in seguito, rinnegandone la memoria.

Le parole hanno un peso. In questo caso ”devianza” è assunto come dispregiativo di ”diversità” e questa, in qualsiasi forma di governo, ha sempre rappresentato un problema, una minaccia. ”Barbaro”, ”immigrato”, ”zingaro”, ”deviato”, ”degenerato” celano manifestazioni di una paura destabilizzante di un ordine costituito. Espressioni alimentate da pregiudizi e stereotipi alimentati dalle distorsioni del pensiero, dalla blanda idea di un Superuomo eletto a dominatore delle razze. I campi di sterminio non hanno rappresentato altro che la feroce e concreta volontà di eliminare tutto ciò che era diverso, servendo, ” oltre che a sterminare e a degradare gli individui, a compiere l’orrendo esperimento di eliminare, in condizioni scientificamente controllate, la spontaneità stessa come espressione del comportamento umano e di trasformare l’uomo in un oggetto, in qualcosa che neppure gli animali sono” (Hannah Arendt).

Yu Miri scrive che quando si perde il significato delle parole resta solo la violenza. Questa è subdola, perché può essere manifesta o manifestarsi in altre forme; in questo caso ha scelto sia la prima, sia il silenzio, la negazione dell’esistenza, la cancellazione di quella macchia nella più grande macchia infamante della storia umana.

Dare voce anche ai dimenticati, restituire loro un’identità e il novero nella Storia. Da questi presupposti nasce SVELAT…@….MENTE, un’istallazione permanente dell’artista Valeria Catania, che verrà collocata presso piazza Cinecittà nella sede del Municipio VII a Roma, grazie al supporto del Presidente VII Municipio di Roma, Monica Lozzi, e dell’ammistrazione comunale capitolina.

Un’opera che non si presenta solo come monumento commemorativo, ma, come tutti i lavori dell’artista, ha la necessità di comunicare, di trasmettere all’osservatore, senza richiedere giustizia o condannare, ma chiedendo solo di riflettere e lo fa nell’urgenza di un tempo che, dopo aver dissipato le ombre con la luce della pace, sembra vada inciampando nei suoi stessi errori; un tempo che sembra stia ”conducendo su una delle tante vie del passato, o, semplicemente, stia procedendo su qualche altro presente che ancora non si è rivelato” (José Saramago, Caino).

Da una base triangolare si innalzano tre solidi alle cui estremità sono collocati altri 3 triangoli che sporgono in prospettiva ribaltata e all’interno dei quali sono incisi due profili, mentre un terzo emerge da ciascuno di essi, staccandosi dal resto della struttura. Il colore e la forma del triangolo hanno significati specifici: affermano l’identità e la pari dignità alla stessa. I tre colori (giallo, rosa e nero) fanno riferimento a tutte quelle identità respinte, condannate, ”occultate”, da quella ebraica sino a quella nomade e omosessuale. Quest’opera evidenzia ed elogia la diversità, allontana le differenziazioni e sceglie il triangolo come figura geometrica idonea a sottolineare i limiti, ma, al contempo, quei lati, intersecandosi, evocano un punto d’incontro che oltrepassi lo scontro e sia luogo felice di unione. Anche la loro disposizione ”distorta” rispetto alla base ne vuole evidenziare le particolarità: si può immaginare la base come la società, all’interno della quale emergono soggetti che da essa si discostano per ideologia, comportamenti, per natura e per il modo di essere che non vogliono essere di opposizione, ma, semplicemente, sono il naturale comportamento che ciascuno vuole e deve rivendicare. La comunanza delle forme indica, pertanto, l’appartenenza e lo stesso diritto alla dignità, un’uguaglianza che non vuole essere conformità, ma rispetto reciproco.

V. Catania, Svelat…@…mente, 2018, installazione, metallo trattato, 350 cm, 1 q, Roma, Piazza Cinecittà

È, tuttavia, nei profili che va cercato il senso profondo di quest’opera: essi rompono con la rigidità della struttura grazie alla sinuosità delle loro forme, in una contraddizione estetica e dalla grande forza simbolica. Scavate nella materia, essi paiono essere lacerati da una sofferenza atroce che li schiaccia in essa; ma, nell’istante in cui viene svelato il torto subito, abolendo le demistificazioni e le censure storiche e sociali, essi possono volgersi verso l’alto, riconquistando lo spazio e il tempo, potendo finalmente urlare, liberarsi e riaffermare la loro presenza storica. Sono come fiamme che s’innalzano dalle torce ardenti del tempo; appaiono incisi su dei leggii sopra i quali è possibile sfogliare le pagine che raccontano ciò che fummo e compimmo, ciò che siamo e ciò che dobbiamo evitare di diventare, affinché le parole di George Santayana di condanna a ripetere il passato per chi non vuole o non può conoscerlo non siano rivelatori di una nefasta profezia.

Non dimenticare. SVELAT…@…MENTE nasce col fine di commemorare e ricordare anche le minoranze sociali e religiose uccise durante la Seconda Guerra Mondiale, ma serve anche a non dimenticare che al di là delle categorizzazioni in primo luogo vi sono le persone, il loro diritto alla vita e alla dignità. Serve a non dimenticare che il male, per quanto radicato, non è inestirpabile, ma lo si può combattere con le parole, la musica e anche con l’arte, perché se ”tutti i semi sono falliti”, ce n’è
uno”che non so cosa sia, ma che probabilmente è un fiore e non un’erbaccia”1.

Non è retorica. È coscienza.

-A. Celletti

1Cit. tratta dal finale de ”La Storia” di Elsa Morante e appartenente alla Matricola n. 7047 della Casa Penale di Turi