Pierre-Auguste RENOIR: ”Gli ombrelli”

Renoir, Gli ombrelli, 1881-86ca, olio su tela, 180×115 cm, Londra, National Gallery

Quando, nel 1917, Gli ombrelli (1881-1886 ca) venne esposto alla National Gallery di Londra (ove tutt’oggi è collocato) l’emozione e i riconoscimenti tributatigli si possono sintetizzare in questa breve e appassionata recensione da parte di alcuni amanti d’arte: << Dal momento in cui il vostro quadro è stato esposto tra le più famose opere dei classici, abbiamo la gioia di constatare che uno dei nostri contemporanei ha preso posto tra i grandi maestri della tradizione europea>>.

La genesi del dipinto fu lunga e segnata da due eventi importanti: il viaggio in Italia di Renoir (1841-1919) e, al ritorno, un ripensamento circa la tecnica pittorica, caratterizzata da una riformulazione dei tratti impressionisti a favore di una maggiore compattezza nella stesura delle pennellate di chiara derivazione classica.

Gli ombrelli rappresenta, sotto questo punto di vista, uno spartiacque. Iniziato prima del viaggio in Italia, esso risente ancora della maniera impressionista, ma, continuato al ritorno, la tecnica risulta rinnovata; questo passaggio emerge chiaramente nell’opera, se si confrontano, in particolar modo, le figure di donne in primo piano: il gruppo di destra risente ancora della pennellata frammentata di stampo impressionista (resa, in Renoir, più fluida dall’aggiunta di olio e trementina, come si può osservare nella bambina in primo piano) , mentre dalla figura femminile sulla sinistra traspare un modo nuovo di concepire l’immagine, caratterizzata, oltre dalla già citata compattezza nell’uso del colore, da una maggiore solidità delle forme e dalla netta delineazione dei contorni. Due stili differenti che l’abile mano dell’artista ha saputo ben fondere, creando omogeneità ed equilibrio, forse perché, si potrebbe supporre, ancora in una fase sperimentale, sicché gli fu possibile, nell’incertezza, procedere per tentativi, con la soluzione ultima di un’opera unitaria e straordinaria. S’inaugura una nuova fase della pittura di Renoir (cosiddetta ”aigre”, ossia dura, che si protrarrà sino alla fine degli anni ottanta), alla quale giunge per mezzo delle suggestioni in lui provocate dalle opere classiche e dei pittori rinascimentali, prendendo in tal modo le distanze dagli Impressionisti , i quali ”con il loro concentrarsi univoco verso la rappresentazione dell’attimo fuggente, avevano tralasciato alcune delle più considerevoli virtù artistiche”.

G. Caillebotte, Strada di Parigi, un giorno piovoso, 1877, colore ad olio, 2,39×1,85 cm, Chicago, Art Institut of Chicago Building

L’opera si presenta con la naturalezza propria di un’istantanea fotografica. Essa trasmette una vivacità generata dal propagarsi di forze il cui scontro genera movimento, energia. Alle forze dinamiche prodotte dal moto verticale e diagonale degli ombrelli e da quelle parallele e opposte delle pennellate si contrappone la staticità delle figure, ritratte come se fossero state colte all’istante. Un effetto fotografico non casuale e non unico, se ben si considera la notevole importanza che la fotografia aveva assunto tra gli artisti, specie tra gli Impressionisti. Un effetto non dissimile da quello di un’opera che tratta una simile tematica (le strade di Parigi ritratte nei giorni di pioggia), Strada di Parigi , tempo piovoso, di Gustave Caillebotte (1848-1894), che costituì un precedente per molti artisti. Come nell’opera di Renoir, anche in questo caso si percepisce vivacità nello scorrere delle carrozze, nel passeggiare della folla, ma, a differenza de Gli ombrelli, per effetto, forse, delle rigorose geometrie e della plasticità delle figure, la sensazione ricavabile è quella di una forte staticità, come in un fermo-immagine. Quella di Renoir, invece, pare una diapositiva estrapolata da una pellicola: in essa sembrano percettibili i rumori degli ombrelli che si scontrano, il chiacchiericcio della gente, lo scroscio della pioggia. La città, le sue persone con le loro storie, i suoi rumori. È una Parigi nuova, nella quale convivono soggetti differenti: la ”midinette”1 col suo volto stanco e quasi imbarazzato, la donna che richiama le bambine, la bambina con la sua espressione curiosa e innocente.

Renoir, Gli ombrelli, 1881-86ca, olio su tela, 180×115 cm, Londra, National Gallery, particolare

Da notare le due figure in secondo piano: l’abbozzo del profilo di una donna che osserva il cielo, nella resa espressiva magistrale e l’uomo sullo sfondo che richiama la figura che regge l’ombrello nel dipinto di Caillebotte (anche gli ombrelli sono identici nella forma e nel colore). Non è, tuttavia, solo nei profili tecnici che le due opere si avvicinano. C’è un aspetto particolare di cui è interessante tenere considerazione: il soggetto delle opere. Si assiste in questi anni, infatti, a spostare l’attenzione dall’individuo allo spazio che lo circonda: la città diviene luogo privilegiato di studio delle individualità e della metamorfosi dell’ambiente, col suo carico di emozioni, nuovi luoghi, col riformularsi di identità sulla base del rapido mutamento dei modelli comportamentali legati allo sviluppo urbano virato verso la ”metropolizzazione” dello spazio e del sociale. Si sperimenta il contatto con la massa, ”pluralità informe e incoerente, ma intensamente coesa in un insieme che ha vita propria: entità fisica, dotata di passioni più che di intelletto, che si fa visibile in un determinato spazio, che ne viene saturato, distinguendosi per accensioni, turbolenze, immaginazioni più estetiche che etiche, in cui la singola persona si perde e insieme si esalta” (Abruzzese, Colombo). I personaggi dei dipinti di Renoir e Caillebotte sono in effetti persi nella loro estraniante individualità, attivando quella che Codeluppi definisce ”strategia di raffreddamento dei rapporti sociali” come difesa contro ”l’eccesso di nuovi stimoli”. È una condizione che emerge soprattutto in Caillebotte, mentre in Renoir traspare la frenesia che la vita cittadina comporta e che, nel dipinto, è evidente nell’intrecciarsi degli ombrelli.

Renoir, Gli ombrelli, 1881-86ca, olio su tela, 180×115 cm, Londra, National Gallery, particolare

La frenesia che una città come Parigi può imporre. La Parigi della III Repubblica, la città sconfitta a Sedan, quella della Belle Epoque, dei circoli artistici e dei Cafè. La Parigi come Terra Promessa degli artisti; la capitale europea dell’arte e della sperimentazione.

-A. Celletti

FONTE IMMAGINI: WEB

FONTI BIOBLIOGRAFICHE:

-V. Codeluppi, Metropoli e luoghi del consumo, ed. Mimesis, 2014, Milano

Gli Impressionisti. La rivoluzione della pittura moderna nella Parigi di secondo Ottocento, ed. Giunti, 2003, Firenze

Renoir, in Galleria d’arte. I maestri della pittura dal Rinascimento ai grandi protagonisti dell’arte moderna, vol. 1, ed. De Agostini

1Oggi la definiremmo ”lavoratrice part-time”

3 Risposte a “Pierre-Auguste RENOIR: ”Gli ombrelli””

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