LUCA CASERTA. Nella mente di un regista

L. CASERTA (www.lucacaserta.com)

Come si costruisce un film?

Come, per citare Giambattista Vico, il dato viene trasformato in fatto, ovverosia l’idea trasformata in quel prodotto finale che è il film?

Per rispondere a queste domande esemplare è il caso di Luca Caserta (www.lucacaserta.com).

Giovane regista, la sua vita è trascorsa immersa vivendo in toto nel mondo dell’arte.

Nato in una famiglia di artisti, attori, scrittori e registi, sin da piccolo è stato a contatto con il mondo dello spettacolo, dapprima assistendo da dietro le quinte alle performance teatrali e prendendovi parte sino poi a debuttare in quel mondo come drammaturgo e regista a sua volta.

Così quel bambino che vedeva “Star Wars”, “E.T.”, cresceva col mito di “Indiana Jones” e in più in generale col cinema di finzione americano, ”incontrando” in seguito, durante l’adolescenza, registi del calibro di Kubrick, Wilder, Fellini, Antonioni, Bertolucci, Tarantino, Miyazaki e altri ancora, ha finito col passare da dietro alle quinte a dietro una cinepresa.

Qual è stato il film che lo ha folgorato “sulla via di Damasco” del cinema?! “2001: Odissea nello spazio.

Il caso di Luca Caserta è esemplare in quanto il suo lavoro è frutto di una complessità e meticolosità che derivano da una ricerca fatta di citazioni, riferimenti e visioni che egli riesce a mettere insieme come pezzi di un articolato puzzle, ponendo al centro un’attenzione particolare all’artigianalità del prodotto cinematografico.

Se è infatti vero che il cinema rappresenta la somma di tutte le arti, è allora altresì da riconoscere al regista il ruolo di artefice, vale a dire come colui che crea la verità per mezzo dell’industriosità che coincide con l’ingegno e lo fa non prendendo e impiegando “a caso il materiale che serve a condurre l’opera”, ma disponendo “in un certo ordine ogni cosa che appresta per il proprio lavoro e costringe ogni elemento ad aggiustarsi e ad armonizzarsi con l’altro, finché il tutto non si costituisca come cosa ordinata e ben fatta” (Platone, Gorgia).

L’industriosità nei film di Caserta si risolve nella ricerca di simboli e significati nascosti stratificati su più livelli al fine di creare un codice espressivo proprio che superi le regole a cui, tuttavia, un film deve sottostare.

Formatosi all’Accademia di Cinema di Cinecittà, dove si è diplomato in regia e sceneggiatura, Caserta ha appreso l’arte del filmmaking a tutto tondo, dalla fotografia alle riprese e al montaggio. Qui ha avuto modo di studiare e approfondire anche il modello americano nato dalle teorie di Campbell, Vogler e Syd Field, in base alle quali in qualunque opera cinematografica si può individuare una precisa struttura narrativa, tuttavia il regista ha preferito allontanarsi progressivamente da esse, cercando una maggiore libertà nel modellare una storia, una rottura degli schemi, sulla base della convinzione che “il cinema sia un’arte, non un algoritmo. Talvolta è meglio lasciarsi andare e seguire l’istinto per riscoprire quell’innocenza creativa che le troppe regole rischiano di soffocare… perché, come diceva Ermanno Olmi, l’eccesso di zelo è nemico dell’intelligenza”.

Per capire quanto Luca Caserta cerchi nei suoi film di andare oltre la storia e porre attenzione a molteplici aspetti è significativo quello che è il suo lavoro più ricercato e complesso, vale a dire “La trilogia del doppio”, tre pellicole nelle quali il regista indaga la complessità dell’animo e dell’identità umana nei suoi eterni conflitti tra ragione e istinto, tra mondo umano e quello ferino.

Prendendo liberamente spunto da Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hydedi Stevenson e nata dalla rielaborazione di alcuni precedenti testi teatrali dello stesso Caserta, la trilogia si compone di tre film, attraverso i quali il regista opera una vera e propria discesa tra i meandri più oscuri dell’animo umano, quelli in cui vivono quei mostri nascosti dietro le maschere che ciascuno indossa nella propria quotidianità.

Il primo capitolo, “Dentro lo specchio” (2011) è ispirato a casi di cronaca e follia omicida e in esso il genere viene utilizzato come metafora disponendo su più livelli simboli e significati nascosti.

Ma il vero cuore della trilogia è rappresentato dal capitolo centrale, “Dal profondo” (2014), prodotto da Nuove Officine Cinematografiche (produttrice di tutti i film del regista) e distribuito on demand negli Stati Uniti e worldwide dalla società IndiePix Films.

Un film complesso, che si ispira ai racconti “La caduta della casa degli Usher” di E.A. Poe e I ratti nei muri” di H.P. Lovecraft e dall’idea di fondo della “casa organica”, ossia una casa concepita come entità vivente, per rendere l’idea della quale il regista ha anche “umanizzato” alcuni elementi architettonici e di arredo in essa contenuti: così porte e finestre diventano occhi e bocche; i lavandini prendono le sembianze di volti umani; i dipinti e le fotografie presenze a simboleggiare la vita che ha attraversato l’edificio nel corso dei secoli; la cantina concepita come emblema, come cuore pulsante e ippocampo della casa.

Spiando i comportamenti del protagonista, la casa sembra in tal modo captarne i sentimenti e, facendo leva sulle sue emozioni, lo porta ad uno stato di alienazione totale, lo rende parte di sé.

Se, come afferma il regista, in “Dal profondo” il movimento che lo contraddistingue è quello verso la discesa, nel terzo capitolo della trilogia, “L’altra faccia della luna” (2016), vi è invece un uscire, un ritorno verso l’esterno.

Dal profondo – Locandina, 2014, regia Luca Caserta, prodotto da Nuove Officine cinematografiche

Questo prende spunto dal “mito della caverna di Platone”, il quale, come fa notare lo stesso Caserta, già costituisce nel racconto stesso del filosofo un’immagine potentemente cinematografica, “dato che gli occupanti della caverna osservano le ombre delle persone all’esterno proiettate sulla parete dinnanzi a loro come in una sorta di film ante litteram”.

“L’altra faccia della luna” condensa in sé il tema di fondo che lega l’intera trilogia: quello della dualità insita nella psiche umana, portata ad oscillare inesorabilmente tra uno stato delirante erede del suo stato naturale e un autocontrollo imposto dalla società attraverso le sue norme.

Un film che lascia spazio a libere interpretazioni, ma che si concentra su quell’ambivalenza e su quell’idea di doppio che è “il tema fondante della ricerca che ha portato alla genesi di questa trilogia e parte dal presupposto che essa sia connaturata all’essere umano: il confine tra il bene e il male è molto sottile… i fattori scatenanti sono solo apparentemente esterni, ma in realtà essi sono radicati in ognuno di noi e possono emergere quando quel difficile equilibrio si rompe”.

La trama, dunque, nei film di Luca Caserta è talvolta un pretesto per raccontare qualcos’altro o, piuttosto, un elemento tra i tanti che concorrono a costruire la storia e il suo messaggio.

I suoi film non devono essere visti, ma osservati, scrutati al fine di cogliere dietro il dato oggettivo della trama la verità insita in ogni immagine, in ogni gesto o espressione, tutti fattori che si caricano in tal modo di molteplici letture, per comprendere le quali è necessario operare un processo di decodificazione per decifrarne appieno i significati.

Per tale ragione il regista predilige non indugiare troppo nel raccontare le storie e immerge invece lo spettatore nel vivo dell’azione, col proposito di coglierlo di sorpresa, di generare in esso lo stupore, insinuargli dubbi e domande e, soprattutto, comunicare con esso.

Tutto ciò rivela quanto la costruzione di un film sia un lavoro intenso, fatto di ricerche e linguaggi che devono essere assemblati per essere consegnato al suo legittimo proprietario, lo spettatore.

Un film è un’opera d’arte.

Abituati, tuttavia, ad osservare l’opera finita, spesso sfugge il processo che la precede.

La fabbrica della tela” è invece un film di tutt’altro genere, poetico, una vera e propria metafora dell’artisticità e dell’artigianalità che governa il mondo delle arti.

In silenzioso dialogo con il pittore Simone Butturini, Luca Caserta ne segue ogni azione, dalla preparazione della tela sino al tocco di pennello che conclude il dipinto.

L’assenza di suoni, se non quelli prodotti dall’ambiente circostante e dal processo creativo pittorico, e di ogni forma di dialogo creano un’atmosfera unica e immergono lo spettatore in un mondo fatto di luce e di colore, di materia viva e lo coinvolgono come protagonista e artefice, seppur assente, della nascita di un’opera d’arte.

“La fabbrica della tela” è in sintesi un elogio di tutte le arti.

Il cinema di Luca Caserta è affascinante per il fatto stesso di essere versatile e al contempo complesso pur nell’apparente semplicità delle sue trame.

Un cinema che tenta di parlare a tutti, ma che richiede uno sforzo ulteriore per poter essere compreso nella molteplicità dei suoi contenuti.

D’altronde questo è il cinema. Una sfida a colpi di dialoghi, immagini, suoni e malizie.

LINK

Dentro lo specchio” – trailer: https://www.youtube.com/watch?v=kxQi_XRCzoM&t

Dentro lo specchio” – film completo: https://www.youtube.com/watch?v=-Fm89mCxiiA&t

Dal profondo” – trailer: https://www.youtube.com/watch?v=2H0RYRUruBM&t

Dal profondo” – film completo su IndiePix Films: http://www.indiepixfilms.com/film/5940

L’altra faccia della luna” – trailer: https://www.youtube.com/watch?v=U3sN2u0YQmU&t

La fabbrica della tela” – trailer: https://www.youtube.com/watch?v=ADGTLThhi8g&t

Luca Caserta – Sito Ufficiale: www.lucacaserta.com

Nuove Officine Cinematografiche: www.noc-cinema.com

Da questi si può poi accedere ai Canali YouTube, Vimeo e ai vari social (Facebook, Instagram, Twitter, etc.).

-A. CELLETTI

FONTE IMMAGINI: courtesy il regista