Il Muro di Berlino trent’anni dopo

A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino è possibile ancora oggi vederne e visitarne alcuni tratti, tra cui la East Side Gallery, la sezione ”artistica” del muro


di Alessio Celletti

Un tratto del Muro di Berlino nel 1986. foto di Thierry Noir


Sono passati trenta anni da quel giorno. Era il 9 novembre 1989: una data storica, la cui portata ha
ancora oggi un significato importante, perché ha segnato la fine di un’epoca di divisioni, soprattutto
ideologiche, e l’inizio un nuovo corso storico.
La caduta del Muro ha rappresentato, di fatto, l’atto materiale di questo passaggio, e ciò che ne resta
testimonia la volontà di unità e di uguaglianza tra i popoli.
Nato per dividere, è oggi diventato, al contrario, un simbolo universale di pace e libertà.
Dell’imponente costruzione, infatti, sopravvivono ancora alcune sezioni, tra cui quella conosciuta come
Topografia del Terrore, la sezione di Muro che sorgeva dove un tempo era situato il quartier generale
della Gestapo e che oggi ospita il Memoriale dedicato a tutte le vittime delle dittature. Alcuni reperti (tra
cui un semaforo, un lampione e un posto di blocco, il famoso Checkpoint Charlie) sono disseminati,
invece, in varie parti della città.


La East Side Gallery
Tra i tratti del Muro sopravvissuti e più popolari uno è quello che corre parallelo al fiume Sprea. È la East
Side Gallery
e con i suoi 1,3 km rappresenta la parte più lunga oggi rimasta: una vera e propria galleria
a cielo aperto, che raccoglie ben 129 murales, la maggior parte dei quali sono seguenti alla caduta del
Muro.
<<L’obiettivo non era abbellire il muro, ma demistificarlo>, ha dichiarato in diverse interviste l’artista
Thierry Noir, che per primo realizzò un’opera sul muro. Secondo lui, infatti, ogni pittura assumeva il
significato di forte atto politico; un modo di manifestare il proprio dissenso con la massima libertà di
espressione.

Le famose ”teste” dipinte dall’artista Thierry Noir


Il sentimento, dunque, che spingeva gli artisti a dipingere sopra il muro era di distruggere quel simbolo di oppressione dipingendolo, come dichiarò il graffitista newyorkese Keith Haring (chiamato a Berlino nel 1986 dal Mauermuseum per realizzare un murale).
Quando, invece, nel 1990 le autorità di Berlino elaborarono un progetto collettivo che coinvolse più di
120 artisti, questi realizzarono immagini che erano un inno alla libertà, all’amore, all’uguaglianza. Per
valore simbolico e storico di queste opere, il governo tedesco, nel 1992, ha posto sotto la propria tutela
la East Side Gallery, oggi riconosciuta come vero e proprio monumento. Nel 2009 è stata avviata
un’imponente operazione di restauro, cui hanno partecipato anche gli artisti autori dei murales.
Alcuni di questi sono divenuti vere e proprie icone: ‘’The mortal kiss’’ dell’artista Dmtri Vrubel, che
raffigura lo storico bacio tra il Presidente del Consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca
Erich Honeker e il Segretario del PCUS Leonid Brežnev; mentre in ‘’Test the rest’’, di Birgit Kinder, una
Trabant (l’auto tipica nella Germania dell’Est) sfonda il Muro.
Sono solo due delle numerose pitture che si estendono su questa sezione del Muro, ma servono a
rendere chiaro il messaggio che gli artisti hanno voluto lasciare: la fiducia verso il futuro, senza voler
rimuovere la memoria storica.


Il Muro fino al 1989
Tutti hanno sentito parlare del Muro di Berlino o della Guerra Fredda. Due espressioni riferite ad un
periodo storico preciso, successivo alla Seconda guerra mondiale; un’epoca che vide il mondo dividersi
in due zone d’influenza: una posta sotto il controllo dell’Unione Sovietica e l’altra degli Stati Uniti e dei
suoi alleati.
Il Muro e la città di Berlino divennero il simbolo di questa divisione: coi suoi 140 km di lunghezza, questo
imponente sistema di fortificazioni delimitò la linea di confine ideologica (la cosiddetta cortina di ferro)
tra queste due grandi aree.
Furono le autorità della Repubblica Democratica Tedesca della Germania dell’Est a ordinarne la
costruzione, per impedire ai cittadini della parte orientale di emigrare verso Occidente, dove le condizioni
di vita erano migliori e c’era maggiore libertà.
E così a chi viveva a Est del Muro fu impedito di attraversare la frontiera; a loro, anzi, era impedito anche
solo avvicinarsi al Muro e chiunque ci provasse rischiava la vita (in più di 150 persone morirono nel
tentativo di attraversarlo).
Una vera e propria barriera architettonica, che dal 1961 fino al novembre del 1989, divise gli abitanti di Berlino e della Germania


”Heroes” di David Bowie: un inno per Berlino
Gli appassionati di musica, invece, avranno avuto modo di sentire parlare del Muro perché a questo fa
riferimento uno testi più celebri del secolo scorso, ”Heroes”, del cantante britannico David Bowie,
ispirato alla storia di due amanti che si baciano all’ombra di un muro.
Storico, d’altronde, fu il concerto che l’artista tenne nel 1987 proprio nei pressi di questo, nella sezione
che ostruiva l’accesso alla Porta di Brandeburgo.
Durante l’esecuzione del brano, il verso ‘‘we can be heroes, just for one day” fu urlato con tanta passione
dal cantante e dalla folla, radunatasi intorno anche nella parte Est, da diventare per i giovani berlinesi un
inno di libertà.
Dovevano ancora trascorrere due anni, però, affinché quell’urlo di protesta venisse ascoltato; solo nel
1989, finalmente le due parti della città e della Germania furono nuovamente riunite.

Fonti: la Stampa, Berlino.com

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