CAROL RAMA: LA BELLEZZA DEL NON-BELLO. FIABE METAFISICHE

Suggestiva e immaginaria, erotica e schiva. La treccia che cinge il capo e che contorna lo sguardo arcigno e sospetto. La calda risata e l’animo indomito. Carol Rama (Torino 17 aprile 1918-24 settembre 2015) è stata una delle pittrici che maggiormente ha contributo ad arricchire il panorama artistico torinese e novecentesco italiani. Una vita non semplice, soprattutto dal punto di vista della carriera, il cui esordio pubblico avvenne solo nel 1945 presso la Galleria Faber: una mostra in cui l’artista fece immediatamente parlare di sé, per la scabrosità dei suoi disegni. In un’intervista rilasciata per la celebre rivista Flash Art, la Rama racconta che quelle opere furono sequestrate e, per sentito dire, consegnate alla polizia con la promessa di una nuova mostra, ma lei ne allestì immediatamente un’altra nei pressi dell’università.

Un fascino, il suo, che origina dall’anima oscillante tra la marginalizzazione e  un un mondo metafisico, quello della pittura, costellato da presenze che si scontrano e si fondono. Il fantastico invade e si mescola alla libido, spesso drammaticamente sarcastica, dell’idolatria dell’osceno. Un’arte che segue una sua logica di fondo attraversando le forme e la storia artistica del secondo Novecento. Sacchi, oggetti vari, tele e colori, la resa magnifica del dramma, la ricerca del non-bello come eco del sublime. La presa di coscienza di non essere bella l’ha portata, forse indirettamente, a mostrarsi nel suo ruolo di narratrice della marginalità, della bellezza altra. Le sue tele sono tempestate di sprazzi di colore, oggetti, corpi smembrati. Ciascuno di essi viene dall’osservazione accorta del mondo circostante e sottoposto a metamorfosi, sospesi una fiaba macabra, come  nelle serie ”Appassionata” e ”Seduzione”: corpi di donne mutilate, costrette su sedie a rotelle o a giacere sul letto, in preda a desideri erotici, amanti squallide e sensuali pur nella loro deformità.
Con la serie scaturita dall’episodio della mucca pazza, Carol Rama ha riconfermato la sua adesione ai frammenti unitari della sua lettura degli eventi. Il dramma, la sofferenza, la contaminatio sono emblemi di una variopinta rappresentazione di vite che sospende in spazi metafisici e surreali.  ”Lei non lavora sulle velature, sul nascondimento sulla lateralità, sul mormorio erotico”, spiegava Achille Bonito Oliva. “Lei lavora sull’esplicito di una sessualità che come una bambina propone a piene mani allo sguardo stupefatto del pubblico”. E ancora: “è l’idea di una sessualità totale irraggiungibile. È l’elaborazione di un lutto, di un’unità perduta, di un erotismo che non può essere vissuto, pena il giudizio negativo di un mondo adulto. E l’arte è lo spazio della festa, dove non esiste né alto né basso, né destra né sinistra, né gerarchie tra ciò si può dire e ciò che si deve tacere” [Helga Marsala, Artribune, 2015].
“Io dipingo per istinto e dipingo per passione, e per ira e per violenza, e per tristezza e per un certo feticismo, e per gioia e malinconia insieme, e per rabbia specialmente. I miei quadri piaceranno a chi ha sofferto”.
Una lunga carriere coronata da grandi riconoscimenti. Un’artista insolita e, suo malgrado, affascinante.

Nel video che segue un’intensa intervista, per ascoltare e risentire la straordinaria artista.

 

Alcune opere di Carol Rama
-A. Celletti