ANGELA INFANTE: tagliare il passato per creare il presente

A. Infante, Viaggiare, collage foto e carta. Courtesy l’artista

”Noi siamo la nostra memoria,/ noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti,/ questo mucchio di specchi rotti” (Jorge Louis Borges). Una metafora quella degli specchi rotti che, oltre ad essere suggestiva, è significativa al fine di comprendere il lavoro di Angela Infante (n. 1960). Porsi dinanzi ad uno specchio rotto significa, infatti, confrontarsi con un’immagine di sé incompleta, ossia prendere consapevolezza di vuoti derivanti da mancanze fisiche, emotive, perse nel passato o vissute nel presente. Attraverso il fotocollage, l’artista cerca di colmare quei vuoti, rimettere insieme i frammenti che possano alla fine restituire una visione completa della propria soggettività, nell’ottica di un recupero di soggetti, contesti e situazioni scelti e assemblati per rispondere all’esigenza di trovare un equilibrio tra passato e presente. È un’operazione non dissimile da quella di un chirurgo: tagliare come atto intermedio di trasferimento dell’oggetto rimosso e il ricollocare lo stesso in un contesto altro, come una ferita aperta, hanno lo scopo, di fatto, di risanare, di generare un qualcosa di nuovo. Il fatto stesso che l’artista scelga di lavorare con due precisi materiali (la fotografia e i ritagli di riviste) ha una determinata funzione: se la fotografia è il ricordo di un evento reale, una testimonianza materiale e soggettiva, il metterla in relazione con l’oggettività priva di significato (in termini relazionali e affettivi) di un foglio di rivista, altro non significa che estrapolare il ricordo che l’immagine fotografica incarna e attualizzarlo, ossia trasporlo in una dimensione onirica che riscrive la storia delle immagini e delle pulsioni emotive che si vogliono ricercare. La sfera della quotidianità sembra il luogo privilegiato dall’artista: la casa coi suoi oggetti, la strada servono ad un lavoro di recupero del significato del ricordo che ruota attorno a questi luoghi. ”Viaggiare” e ”La credenza” vogliono significare proprio il necessario lavoro da fare su se stessi nel riprendere il passato per come è stato e, dell’emozione di un ricordo, farne uno strumento per affrontare il presente.


Non vi è cesura tra i due, ma un dialogo, perché, alla fine, ”la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” [Garcia Marquez]. In ”Ricordo” il rapporto passato-presente viene affrontato ribaltando la prospettiva: Angela Infante lo fa attraverso un rovesciamento cromatico, scegliendo un’immagine in bianco e nero e apponendovi una foto a colori. In tal modo, se generalmente in altri lavori il passato viene recuperato in un’ottica di riscrittura, vale a dire viene assunto come momento di confronto, in questo caso (come ad esempio anche in ”Sorelle” o ”Ricordi sbiaditi di famiglia”), invece, quel passato diventa una presenza di riferimento a simboleggiare che il ciò che si è oggi lo si deve a ciò che si è stato ieri.

La particolarità del lavoro di Angela Infante risiede nella possibilità lasciata all’osservatore di interpretare, facendo sì che ciascuno possa immedesimarsi o semplicemente riflettere su una singola esperienza. Consapevole dell’individualità di ciascuno, la Infante si racconta senza alcun intento moralistico o istruttivo, ma offrendo, attraverso la sua vicenda, un suo punto di vista che ognuno è libero di condividere o meno, proponendo un modo diverso di affrontare il rapporto che ogni individuo ha con se stesso, col suo passato e il suo presente. Un lavoro semplice quello del fotocollage. Tagliare e incollare. Eppure quel taglio e quell’aggiustamento successivo hanno un’implicazione profonda: comportano la necessità di andare a frugare tra i ricordi, confrontarsi con essi e di fatto ”selezionarli”, e ”andare a caccia di ricordi non è un bell’affare”, come scrisse Faletti, perché questi possono essere belli o brutti: nel primo caso ”non li puoi catturare” e i secondi ”non li puoi uccidere”. Il fotocollage è un punto di contatto tra i primi e i secondi, offrendo la possibilità da un lato di rivelare il dolore o la nostalgia insita nell’animo e che trova nella fotografia il suo referente e dall’altro, liberando il ricordo e riscrivendolo, rappresenta un superamento di quel dolore e di quella nostalgia, raggiungendo finalmente la meta della riconciliazione.

A. Infante, Ricordo, collage foto e carta. Courtesy l’artista

Una forte sensibilità accompagna il suo lavoro, derivante, oltre che dalla propria personale esperienza, anche dalla sua professione, che la porta a confrontarsi con situazioni difficili, con molteplici esperienze, che costringono l’individuo a fermarsi e riscrivere la sua vita, a prendere consapevolezza che ciò che è stato non può tornare, sicché non resta che guardare avanti, ma, per farlo, è necessario lavorare sul presente.

Angela Infante, infatti, oltre che artista e conduttrice di laboratori artistici e espressivi e percorsi esperienziale, è anche counselor presso il Reparto di Malattie Infettive di un noto policlinico romano, occupandosi in particolar modo di sieropositività. E’ anche Presidente e Responsabile della Salute presso il Gay Center di Roma, nonché Responsabile della formazione del GHL ( Linea di ascolto per persone Lgbt).

-A. Celletti, C. Gazzillo