ACTION PAINTING. Capire Pollock

J. Pollock, N. 8, 1940

A cosa è dovuto il successo di Jackson Pollock (1912-1956)?

Il tanto celebrato quanto studiato artista è rimasto tra le pagine della storia dell’arte per aver dato impronta e canonizzato uno stile (il dripping) divenuto un genere (action painting) che in realtà è la derivante di diversi incroci culturali.

Pollock, pertanto, non ha inventato nulla, ma ha solo provveduto a dare una definizione a questo e, soprattutto, a renderlo ”americano”.

Quale fu la base del suo successo?

Probabilmente sono da mettere in campo diversi fattori, a cominciare da quella celebrazione del suo ”genio americano spontaneo e selvaggio” sino all’eccentricità del suo carattere, non trascurando l’appoggio e la protezione di una mecenate del calibro di Peggy Guggenheim.

Sono effetti, o forse conseguenze, di un successo che deve la sua ragion d’essere nell’aver di fatto innescato una frattura profonda in seno all’arte americana, legata ad un figurativo di stampo accademico e vittima di un esasperato realismo che ammorbava le coscienze con la sua idea di presa diretta sul dramma esistenziale e sulle ”fatiche d’Ercole” di quegli americani che contribuivano a rendere grande l’America.

A ridosso della Seconda Guerra Mondiale la situazione muta notevolmente.

L’ESPRESSIONISMO AMERICANO E LA FORMAZIONE DELLA SCUOLA DI NEW YORK.

Tra i primi anni Trenta e Quaranta si colloca lo spostamento del centro dell’arte da Parigi a New York.

Questo cambio di baricentro è da ricollegarsi principalmente al trasferimento in America di una compagine consistente di artisti a causa soprattutto dell’affermarsi in Europa dei regimi totalitari.

La presenza di questi artisti (molti dei quali insegneranno nelle università o fonderanno dei centri di studio) innescherà un processo di assimilazione della cultura europea in seno all’arte americana e sarà alla base della formazione di quello che Alfred H. Barr nel 1929 definì Espressionismo Americano ( in realtà nel ’29 Barr utilizzò questa espressione per indicare i dipinti di Kandiskij. Solamente nel 1946 essa finì coll’indicare un gruppo di ”pittori d’azione”).

Astrattismo, Fauvismo, Cubismo e soprattutto il Surrealismo offrono uno spiraglio contro il Regionalismo e il Realismo sociale, ma sono soprattutto correnti che maggiormente esprimono un senso di libertà, di ribellione, di rottura generate dall’angoscia di una crisi interiore, sociale e culturale (sono gli anni immediatamente successivi alla grande depressione del ’29 e questo è l’altro evento importante da tenere presente).

Molte sono le mostre che si susseguono e che portano alla ribalta le ricerche europee, da quella del surrealismo -”The Newer Super Realism” del 1931- alla mostra ”Abstract Painting in America” del 1935 per culminare nella ”American Art Today’‘ del ’39 e in quella organizzata da Peggy Guggenheim nel 1943 presso la sua galleria Art in This Century: nella prima esporranno alcuni rappresentanti della nuova generazione ( Mark Tobey, Adolph Gottlieb, Philp Guston), la seconda, invece, vede la prima personale di Pollock, portandolo alla ribalta.

R. Motherwell, Pancho Villa morto e vivo, 1943, New York, MoMa

Si andava al contempo formando una nuova generazione di artisti, i cosiddetti pittori dell ”Action Painting” o della ”Scuola di New York”, nomenclature che non soddisfano, tuttavia, appieno gli studiosi per il semplice fatto di non essere illuminanti sebbene ”presi insieme questi epiteti descrittivi suggeriscono certi aspetti caratteristici delle loro opere: l’unione, realizzata con intensa emozione personale, di elementi costruiti e fluidi di forma astratta; il riflesso di un ambiente metropolitano, del suo dinamismo e della sua degradazione umana, della sua confusione visiva e dell’ordine funzionale e distaccato; il concetto dell’opera d’arte come azione vitale e liberatrice in cui l’artista è impegnato con la sua intera personalità” [ Ashton e Hunter,tratto da ”Action Painting: la generazione eroica, in Arte Moderna, dall’astrazione geometrica alla pop art vol.37, ed. Fabbri].

C’è da dire che il riconoscimento della portata di queste nuove ricerche non fu immediato.

Se ne avrà una prima percezione solo con Pollock, mentre artisti come Rothko, Kline e Still -a causa della loro età già ”avanzata”- saranno giudicati come artisti eclettici.

Bisognerà attendere gli anni Cinquanta affinché si prenda definitivamente coscienza della svolta avvenuta.

Svolta non immaginabile senza considerare il peso e il ruolo delle avanguardie storiche europee.

Il loro maggior contributo è da attribuirsi, come nota Achille Bonito Oliva, alla scoperta del valore della interferenza e della discontinuità, ”dell’irruzione del caso che entra continuamente in gioco in ogni attività, in ogni ambito della vita, a livello molecolare e a quello della formazione del quotidiano […]. In linea con le scienze umane, l’arte delle avanguardie adotta ottimisticamente il principio d’espansione, cercando attraverso le proprie pratiche di attivare processi di accrescimento della sensibilità” [A. Bonito Oliva, Pollock, ed. Giunti].

Interferenza e discontinuità. Caso. Espansione.

È l’interconnessione tra questi elementi a costituire il più grande contributo delle avanguardie; l’assimilazione passa attraverso una rilettura e un adeguamento ad un’esigenza liberatoria che culmina nell’azione gestuale, nell’automatismo, ossia nella libertà del linguaggio, nella logica dell’irrazionalità del moto materico del tutto svincolato dalla direzione impressa dal gesto dell’artista, nell’assoluta mancanza di controllo e nell’intervento nell’opera di diverse volontà.

L’espressionismo in questo senso aveva operato una trasfigurazione formale accentuata da una carica cromatica vitale e possente (si pensi al cromatismo di Matisse).

Una radicale libertà gestuale implica di conseguenza una rivalutazione e ridefinizione dello spazio.

H. Hofmann, Tavolo con bricco del tè, vaso verde e fiori rossi, 1936, Berkeley Art Museum, Berkeley

In questo senso si muovono Hans Hofmann (il quale trasferitosi in America vi aveva importato gli insegnamenti ricevuti a Parigi e aveva operato un amalgama di esperienze culminate nel 1940 colla realizzazione di dipinti in cui comparivano sgocciolature) e Sebastian Matta ( suggestionato dal surrealismo di Breton e Masson e che crea opere in cui domina l’archetipo del labirinto come metafora dell’esistenza e dell’incomunicabilità e l’idea dello spazio esterno all’uomo come diretta emanazione dei suoi desideri, delle sue angosce), artefici di un’idea di pittura spregiudicata e spontanea.

Tanto l’astrattismo quanto il surrealismo consentono agli artisti americani di trovare la giusta chiave di lettura di un’interiorità che è riflesso dei turbamenti esterni, quelli metropolitani.

Questi movimenti avevano delineato il giusto sconfinamento del fittizio nel reale; avevano scoperchiato il vaso di Pandore del caos endemico e lo avevo trasposto sulla tela, permettendo all’artista di sublimarsi mediante il raggiungimento dell’idea che aveva di sé.

”I giovani artisti americani abbandonano il cavalletto per una pittura a grandezza murale, creano moderne icone di straordinaria forza monumentale, di grande impatto visivo, che invitano alla contemplazione” [in Storia dell’arte, Arte americana, vol. 16 ed. Electa].

S. Matta, Echaurren

Pollock raccoglierà tutto questo e saprà superare i tentennamenti degli altri artisti, riuscendo a stabilire una dialettica lineare e razionale che culminerà in quell’espressionismo astratto che tutti conosciamo, imprimendogli, attraverso una serie di elementi, quell’impronta americana e che ha contribuito a canonizzare nelle nostre menti la sua pittura.

(SEGUE…)

A. CELLETTI